Dl Semplificazioni, resta l'appalto integrato "Fondi europei da spendere entro il 2026"

Oggi il Cdm approva il decreto. Più poteri sostitutivi contro la burocrazia

Dl Semplificazioni, resta l'appalto integrato "Fondi europei da spendere entro il 2026"

Un compromesso «politico» consentirà a Mario Draghi di tenere a Palazzo Chigi la regia del Pnrr senza doversi perdere in estenuanti mediazioni. Il frutto di questa intesa è nella bozza del dl Semplificazioni che il Consiglio dei ministri esaminerà oggi. In primo luogo, è scomparso ogni riferimento alle gare d'appalto al massimo ribasso con la soddisfazione della maggioranza delle parti sociali. In seconda istanza, la norma sui subappalti è stata sottoposta a un confronto tra il governo e i sindacati che si è svolto ieri pomeriggio. Sia la libertà di cedere quote dei lavori sia il tetto del 40% al subappalto sono state rimandate a un tavolo tecnico tra governo e Cgil, Cisl e Uil. Palazzo Chigi ha tuttavia, spiegato che si intende consentire l'uso dell'appalto integrato e che, in tema di subappalto, «la normativa europea ha di fatto liberalizzato quest'area, facendo cadere i limiti imposti nell'ordinamento italiano». Nel percorso di potenziamento delle prerogative del premier rientra anche l'intenzione di «ridurre le stazioni appaltanti a un numero molto più basso, migliorando la qualità del processo di investimento».

La bozza del dl, infine, prevede l'estensione al 31 dicembre 2023 di alcune deroghe al Codice degli appalti che facilitano gli affidamenti per le opere finanziate parzialmente o per intero dal Recovery fund. La stella polare di Mario Draghi, infatti, è una sola: «I fondi del Pnrr vanno spesi necessariamente entro il 2026 e in Italia c'è molto da cambiare per essere sicuri che questo avvenga».

Il dl Semplificazioni si propone proprio questo obiettivo: procedere il più rapidamente possibile con gli appalti e la realizzazione dei progetti, per spendere i fondi in bilancio senza rinunciare alla sicurezza sul lavoro. Non meno importante, tuttavia, l'aspetto tecnico-organizzativo del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La cabina di regia è, infatti, affidata al presidente del Consiglio con la presenza di ministri «a rotazione, cioè in base alla competenza su ciascuna delle tematiche affrontate. È inoltre previsto un «Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale», composto da rappresentanti delle parti sociali, del governo, delle Regioni, degli enti locali e delle categorie produttive, ma con funzioni puramente consultive. Insomma, le interferenze saranno ridotte al minimo. Tant'è che la parte della revisione contabile dei progetti sarà affidata alla Ragioneria generale dello Stato (cioè al ministero dell'Economia) con la creazione di 7 direzioni territoriali (Milano, Venezia, Bologna, Roma Napoli, Bari e Palermo) per monitorare da vicino il piano.

Il rafforzamento dei poteri centrali è tale che la cabina di regia può individuare «un soggetto nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione o un'unità organizzativa cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia» della Pa. Allo stesso modo, è prevista l'applicazione del silenzio assenso per le risposte della Pa entro il termine di 30 giorni. Rispetto alla prima versione della bozza, questa norma non si applicherà, però, all'edilizia e allo Sportello unico delle attività produttive.

Tra le questioni da definire in seno alla maggioranza resta quelle delle 350 assunzioni per la struttura di governance del Pnrr per un costo annuo di 8 milioni di euro.

La norma, che per ora riguarda il solo ministero dell'Economia, potrebbe essere stralciata e inserita nel dl Assunzioni Pa previsto la prossima settimana. Una cortesia per evitare la rivolta degli altri ministri scontenti.

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