Referendum sulle Autonomie

E ora il vento del Nord-Est raffredda Salvini

Brilla la stella di Zaia. Il segretario lo celebra ma "scorda" Maroni

E ora il vento del Nord-Est raffredda Salvini

Roma - Matteo Salvini, Roberto Maroni, Luca Zaia. Per ognuno dei big della Lega il successo del referendum autonomista può essere un volano o un boomerang.

In questa partita, che si gioca tutta sull'affluenza al voto, per ora solo l'ultimo sembra davvero vincitore, visto che il governatore del Veneto è riuscito a mobilitare in massa i suoi elettori, incitandoli fino all'«ultimo sforzo» in serata e nella sua regione il quorum è stato superato con il 51,9 % già alle 19. Per lui, è dunque aperta la strada per andare a trattare a Roma sulle nuove competenze del Veneto e, soprattutto, quella di una carriera nel Carroccio tutta in salita, che per qualcuno potrebbe addirittura puntare a Palazzo Chigi. Zaia, insomma, potrebbe sfidare la leadership di Salvini nel Carroccio e candidarsi premier del centrodestra. D'altronde, a febbraio lo stesso Silvio Berlusconi, per provocazione o real politik, aveva fatto il suo nome in questo ruolo.

Il governatore della Lombardia Maroni non trionfa come Zaia, ma riesce nello scopo di superare l'asticella fissata al 34% dei votanti: «Con lo spoglio ancora in corso la proiezione è superiore al 40%», annunciava il governatore allo scoccare delle 23. Alle 12 qualche preoccupazione c'era stata per quell'11% di affluenza, metà che in Veneto, ma alla fine il risultato dovrebbe rafforzare Bobo nella corsa alla riconferma come presidente della Regione, anche se la sua candidatura non sarebbe blindata. E gli ruba un po' la scena autonomista Giorgio Gori, candidato in pectore del Pd per Palazzo Lombardia e sindaco schierato per il Sì di quella Bergamo che ha registrato il top di affluenza.

Le nuvole maggiori si addensano sul capo di Matteo Salvini, che per questa consultazione popolare si è speso poco, con discorsi di maniera, anche se ieri andando a votare si è augurato che tanta gente affollasse i seggi «per un referendum giusto che chiede cose giuste», una «novità che ci porterebbe all'avanguardia a livello mondiale». E in serata su Fb si è limitato a rimarcare con un «Sì» il risultato di Zaia, non quello di Maroni. Per il numero uno della Lega quello uscito dalle urne del «Lombardo-Veneto» rappresenta un successo del partito, «una grande partecipazione popolare, una prova di democrazia», come dicono i suoi. Lo rafforza sia come immagine nazionale che nelle trattative all'interno del centrodestra per le elezioni politiche, ma può anche essere un freno al progetto di costruire una nuova forza nazionale, oltre il Nord e alla conquista del Meridione, dov'è già nata (senza troppo successo) la sigla «Noi con Salvini». Perché tanta voglia di autonomia nelle più ricche regioni settentrionali, che può contagiare anche altre, può spingere il Carroccio verso un ritorno alla missione originaria, federalista se non secessionista, che Salvini vuole archiviare. Certo il voto di ieri è una vittoria dell'ala autonomista, che contrasta quella salviniana ed è più vicina a Berlusconi e a Forza Italia.

Torna un po' in auge anche Umberto Bossi, per cui l'indipendenza della Padania resta «un sogno», come ha detto ieri al seggio vicino alla sede storica della Lega in via Bellerio.

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