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"Estremisti" contro "dialoganti". Tutte le anime del movimento

Divisi per tendenze politiche e strategie, i «giubbini» ora cercano una sintesi e litigano sui social network

"Estremisti" contro "dialoganti". Tutte le anime del movimento

Ora che Macron ha dato il via libera a un timido tentativo di apertura di una linea di dialogo, chi rappresenterà «i provinciali» che hanno inaugurato «il '68 della classe media»? I gilet gialli si muovono in ordine sparso, sia dal punto di vista territoriale - e questa è anche la loro forza - che da quello della rappresentanza. E questa rischia di essere la debolezza di un movimento che ha raccolto consensi senza che nessun partito potesse mettere il cappello sulla protesta. La fotografia della spaccatura tra i duri «per la rottura» e i moderati per il «dialogo» è tutta nelle minacce di morte ricevute da Benjamin Cauchy, Jacline Mouraud, Cédric Guémy, i più noti firmatari della lettera sul Journal du Dimanche che domenica ha «offerto al governo una via d'uscita alla crisi» e che si sono autoproclamati «portavoce di una rabbia costruttiva». Sono loro i rappresentanti con cui l'esecutivo vorrebbe aprire un tavolo e che oggi avrebbero dovuto incontrare il premier Edouard Philippe. Eppure i «gilet gialli liberi» sono stati minacciati da altri gilet gialli, che non riconoscono nel collettivo «moderato» la sintesi corretta delle proprie rivendicazioni. Incontro cancellato per «motivi di sicurezza».

«C'è una penetrazione dell'estrema sinistra che manipola i gilet pacifisti per radicalizzare il movimento», dice il 38enne Cauchy, di Tolosa (Haute-Garonne) divenuto in poche settimane uno dei volti mediatici del movimento, insieme con la bretone Mouraud, star del web dopo aver raccontato in un video che per arrivare a mille euro al mese deve fare la sorvegliante anti-incendio e spenderne la metà in benzina. A Cauchy una parte del movimento rimprovera la vicinanza all'estrema destra del partito sovranista Debout la France. E l'accusa di essere in odor di destra, vicini al Rassemblement National di Marine Le Pen o ai Républicains, riguarda molti dei dieci firmatari della lettera, compreso Cédric Delaire, il tecnico 46enne dell'Alta Francia, simpatizzante del partito erede dell'Ump. Gilet in odor di sinistra e anarchia contro quelli in odor di destra e di dialogo. Un problema di legittimità nell'autoproclamarsi rappresentanti della contestazione che ha già riguardato l'altra delegazione, il primo «collettivo» destinato a incontrare il premier il 30 novembre e che ha poi disertato l'incontro (si sono presentati solo in due) per il rifiuto di Philippe di concedere lo streaming.

Perché alla fine, pur essendo nati spontaneamente e cresciuti su Facebook, apartitici e apolitici, anche i gilet gialli hanno le loro tendenze politiche e strategiche. E trovare una sintesi delle loro anime è la vera sfida che li aspetta. Basta osservare i dibattiti che imperversano sui social network. Con i militanti che in queste ore danno e tolgono patenti di legittimità e rappresentanza. Confluire energie e personalità nella battaglia è adesso l'obiettivo più difficile dei gilet. Che divisi per regione (e per pagine Facebook) hanno annunciato ora anche l'apertura di un sito ufficiale del movimento (www.la-france-en-colere.fr).

In attesa di trovare il Beppe Grillo di Francia.

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