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Femministe rosse alla guerra anti-trans

Migliaia di firme delle attiviste Labour: no alle quote rosa per chi non è ancora donna

Femministe rosse alla guerra anti-trans

Purghe interne, una guerra fratricida (o transicida), liste di proscrizione e un partito dilaniato: da una parte la battaglia femminista, dall'altra quella pro-trans. Nell'era del #metoo, mentre anche il Regno Unito combatte la sua battaglia contro le molestie sessuali sulle donne, il principale partito di opposizione, il Labour, assiste imbarazzato a una lotta intestina contro le molestie (politiche) sul destino chi si sente donna ma non ha ancora cambiato legalmente sesso. Femministe contro transgender e viceversa. Oggetto del contendere sono le liste «rosa» del Labour, che il partito prevede in alcuni collegi per garantire parità di genere. Le liste sono aperte alle donne della sinistra inglese ma anche alle trans, cioè a chi ha cambiato sesso per vie legali e ha visto riconosciuta la nuova appartenenza al genere femminile. Il problema riguarda chi, invece, si sente donna ma non ha ancora fatto il salto giuridico. E chiede, nonostante ciò, di entrare nelle quota rosa del Labour. La questione è che stavolta a ostacolare il cammino della minoranza trans che si sente politicamente discriminata non sono gli uomini ma proprio le donne, che temono così di perdere i pochi posti a loro riservati.

Perciò le femministe più agguerrite della sinistra british hanno lanciato una raccolta fondi che ha già superato i 25mila euro, con l'esplicito obiettivo di avviare un'azione legale per impedire l'accesso alle liste per «sole donne» alle trans che non hanno ancora cambiato sesso. «Compagne, la rappresentanza delle trans non deve avvenire a spese delle candidate donne e siamo furibonde per dover combattere l'ennesima battaglia per la rappresentanza femminile».

Una minoranza (politica) contro l'altra minoranza (politica e di genere). E la vicenda ha assunto i contorni di una guerra feroce. Una delle esponenti della sinistra più dura del partito, Linda Bellos, ha ventilato la defezione di migliaia di aderenti al partito se il Labour non fermerà l'ascesa delle «autoproclamate trans». Intanto dall'altra parte è partita una campagna che addita le nemiche delle trans e le inserisce in una «lista nera» segreta, nella quale sono citate una trentina di attiviste femministe del partito. A guidarla Lily Madigan, nominata - non senza polemiche - rappresentante delle donne del Labour nel Kent. È lei ad aver creato su Facebook un gruppo chiuso denominato «Labour contro la transfobia», in cui si chiede di indicare chi, nel partito, ostacola l'ascesa delle trans e di portare elementi concreti sulla discriminazione contro la minoranza. Ironia della sorte, almeno un paio delle femministe citate nel gruppo sono state sospese dal Labour, che finora ha escluso la necessità di un certificato di genere per aderire alle liste. «Il partito ha una polizia segreta che crea liste di proscrizione - spiega infuriata Jennifer James, finita nell'elenco - Sono stata sospesa per aver detto che le donne non hanno un pene». «Una lista stalinista» denuncia l'altra epurata Venice Allan.

E tutte chiedono una parola definitiva del leader Jeremy Corbyn.

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