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Finkielkraut e l'agguato dei gilet gialli per strada: "Sentito l'odio assoluto"

La Procura apre un'inchiesta e dai video c'è un identificato. Il filosofo: «Io né vittima né eroe»

Finkielkraut e l'agguato dei gilet gialli per strada: "Sentito l'odio assoluto"

Parigi «Non sono né una vittima, né un eroe», dice il filosofo Alain Finkielkraut dopo gli insulti ricevuti sabato durante le manifestazioni dei gilet gialli. In strada a Parigi «ho sentito un odio assoluto contro di me - spiega l'intellettuale ebreo al Journal du Dimanche - e purtroppo non è la prima volta. Avrei avuto paura se non ci fosse stata la polizia, per fortuna era là». Il tribunale di Parigi ha già aperto un inchiesta per «ingiuria in luogo pubblico». Ma tra le moltissime dichiarazioni di solidarietà c'è pure chi minimizza l'accaduto, specie sui social. Durissimo il presidente Macron: «Gli insulti antisemiti sono la negazione assoluta di quel che noi siamo e di quello che fa di noi una grande nazione. Non li tolleriamo». Tra grida, fischi e minacce, l'accademico, figlio di due sopravvissuti ad Auschwitz, è stato chiamato «bastardo», «razzista», «sporco sionista». Non è la prima volta. Nel 2016, all'epoca del movimento Nuit Debout rispose a tono. Sabato, invece, è rimasto «pietrificato» e fa sapere di non voler sporgere denuncia nonostante uno dei responsabili sia stato «identificato».

Sullo sfondo i dati della recrudescenza di gesti antisemiti aumentati del 74% in Francia, passando dai 311 nel 2017 a 541 nel 2018 dopo due anni in cui erano in calo. «All'interno dei cortei dei gilet gialli, una minoranza mostra un antisemitismo becero - spiega il portavoce dell'esecutivo Benjamin Griveaux - elementi di estrema sinistra o di estrema destra che vanno perseguiti e condannati». «Sarei sorpreso se fossero gilet gialli -, dice invece Finkielkraut a mente fredda - perché sono uno dei pochi intellettuali ad aver sostenuto il movimento al suo inizio». Su LCI, il filosofo ieri ha infatti descritto in modo più accurato uno degli aggressori. A suo dire, più vicino al movimento islamista che non ai gilet: «Ce n'era uno con una leggera barba che mi ha detto Dio ti punirà, questa è la tipica retorica islamista». I giubbotti fluorescenti si sono mobilitati anche ieri per festeggiare i tre mesi di esistenza; l'occasione per riproporre quegli stessi blocchi alle rotonde a cui a novembre aderirono 274mila persone. L'altro grave episodio di sabato è invece finito in tribunale: l'attacco a due agenti Crs, a Lione. Erano nel veicolo d'ordinanza, intrappolati in un ingorgo a causa dell'invasione dei manifestanti in autostrada e sono stati bersagliati da pietre e oggetti. L'indagine è «per violenza armata».

Nessun incidente ieri a Parigi: da Place de la République solo una dozzina di manifestanti evacuati. Tensioni, invece, al passaggio di una delle figure del movimento: quella Ingrid Levavasseur che dopo le polemiche ha abbandonato il suo progetto di partecipazione alle europee: «È stato un errore, ma ne usciamo più forti». Circondata dai manifestanti è stata invece pesantemente insultata: «Traditrice», «puttana», «cagna», «venduta, togliti il gilet!». Accusata di aver distorto le richieste del movimento con una lista con cui far campagna elettorale, lei, ex elettrice di Macron, è stata costretta a cambiare strada scortata dalla polizia. Ha lasciato la sua lista Ric mercoledì, la stessa che Luigi Di Maio aveva scelto come interlocutore transalpino, prima di rinnegarlo a causa del portavoce Cristophe Chalençon che parla di Francia «sull'orlo della guerra civile». I gilet, da sempre lontani dalla politica e in maggioranza contrari a candidature d'opportunità, ieri sono comunque rimasti in strada. Su Facebook invece, dove tutto è cominciato, si invita già al 15° sabato di protesta e a un «atto decisivo» a Parigi l'8 marzo.

Nel mezzo, un «vero dibattito» per presentare i 10 propositi più votati nelle consultazioni cittadine di queste 14 settimane.

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