La finta riforma di Bonafede: il Csm rimane intoccabile

Il Guardasigilli nel vertice di maggioranza asseconda la magistatura. Nessun cambiamento in programma

La finta riforma di Bonafede: il Csm rimane intoccabile

Una lunga riunione, metà dei partecipanti dal vivo, metà collegati via Internet, per prendere atto di quello che era chiaro fin dall'inizio: neanche sotto l'incalzare dello scandalo che ha investito il Consiglio superiore della magistratura, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è disponibile a rompere il patto sotterraneo di non aggressione che lega il suo partito ai giudici e alle loro correnti. Un patto che venne sancito al congresso genovese dall'Associazione nazionale magistrati del novembre scorso, quando il neo-eletto presidente Luca Poniz sposò in pieno la linea del ministro sulla Giustizia, a partire da una riforma della prescrizione considerata una follia da tutti i giuristi italiani. Con Poniz, l'intera Anm - con l'eccezione di poche, isolate voci di dissenso - applaudì la legge voluta dal Guardasigilli grillino.

E ieri Bonafede ricambia. Davanti al mercato di favori e di cariche in cui - come rivelato dalle intercettazioni dell'inchiesta sul pm romano Luca Palamara - si era trasformato il Csm, si poteva immaginare che il ministro prendesse di petto la necessità di un cambiamento. Invece ieri Bonafede convoca nel suo ufficio i responsabili del settore giustizia di tutti i partiti della maggioranza che lo sostiene. E come unica innovazione sui poteri del Consiglio superiore della magistratura propone una norma che preveda «l'introduzione di oggettivi criteri meritocratici nell'assegnazione degli incarichi da parte del Csm» nonché un «meccanismo elettivo che sfugga alle logiche correntizie».

Si tratta di due ovvietà, soprattutto la prima: i criteri meritocratici esistono sulla carta già da tempo, da quando è stato messa in secondo piano il criterio della anzianità di servizio. Ma la proposta presentata ieri da Bonafede ha un pregio evidente: corrisponde esattamente ai desideri dell'Associazione magistrati, e alla sua lettura minimalista dello scandalo. Proprio ieri il presidente Poniz, in una intervista ad Agorà, aveva messo in guardia contro chi pretendeva interventi in tema di giustizia sull'onda dello scandalo. «Pensare di riformare la magistratura sulla base del fatto che alcuni soggetti abbiano improprie relazioni a me sembra un'idea inappropriata oltre che ingiusta», aveva detto. Ad emergere dalle chat di Palamara, non sarebbe secondo Poniz un marciume devastante e generalizzato, ma solo «le improprie relazioni di alcuni soggetti», «un problema di singoli comportamenti». Nulla, insomma, che giustifichi una riforma radicale del sistema, come l'elezione per sorteggio del Csm «che - dice Poniz - sarebbe incostituzionale».

E infatti di sorteggio del Csm non si parla neanche di sfuggita nel documento che ieri Bonafede presenta al vertice di maggioranza: nonostante che fino a ottobre il ministro dichiarasse che per «la lotta alle degenerazioni delle correnti lo strumento utile è il sorteggio», ottenendo l'immediato appoggio di Matteo Renzi. Ma la reazione dei magistrati ha indotto alla retromarcia sia grillini che renziani: Lucia Annibali, presente al vertice per Italia viva, si guarda bene dal rilanciare l'idea. L'Anm può tirare un sospiro di sollievo.

Nè il resto della bozza portata al vertice dal ministro sembra destinata a turbare i sonni dei giudici. Bonafede annuncia che saranno limitate le progressioni di carriera per i magistrati che rientrano in servizio dopo essere stati fuori ruolo o al Csm: i vincoli c'erano già fino a pochi anni fa, poi il ministro pd Andrea Orlando li attenuò e vennero cancellati del tutto nel 2018 con un comma a sorpresa della finanziaria.

Poi c'è il divieto assoluto di tornare in magistratura per le toghe che vengono elette in Parlamento: divieto di cui si parla da tempo, di dubbia costituzionalità e che comunque riguarda una manciata di casi. Infine ecco l'ultimo regalo all'Anm: verrà rinviata per l'ennesima volta l'entrata in vigore della nuova legge sulle intercettazioni, fieramente osteggiata dal sindacato dei giudici.

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