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Gerusalemme, Obama tenta il colpo di coda

Gerusalemme, Obama tenta il colpo di coda

F orza, veloci, non perdiamo tempo, Obama è ancora alla Casa Bianca per 10 giorni, il Consiglio di Sicurezza è là con le fauci spalancate, e chissà che non si riesca ad assestare un'altra bella botta a Israele contando sull'eco alla risoluzione che verrà presa.

Diamogli giù adesso, è una bella occasione, un'altra grande, imponente, condanna internazionale proprio dopo l'attentato di Gerusalemme, con un'ipocrita esaltazione della famosa formula «due stati per due popoli» e la condanna della «politica degli insediamenti». Sarà una sventola a Netanyahu. Facciamolo subito. Parigi, da sempre antisraeliana, sarà di grande ispirazione: condanniamo Israele visto che mancano ancora pochi giorni prima che si cominci a ripensare, con l'insediamento di Trump il 20, la formula «due stati per due popoli». Sarebbe stato una bella idea se uno dei due non fosse tutto impregnato ideologia autoritaria, islamista e terrorista, se Hamas non fosse ormai vincente, se Abu Mazen non avesse basato il consenso sul rifiuto di ogni accordo con lo Stato d'Israele. La Conferenza di Parigi di domenica è forse l'ultima occasione per pestare lo Stato Ebraico prima che un cambiamento epocale induca a capire che quel rifiuto fatto di bombe, auto in corsa, pugnali, sequestri, rapimenti.. Comincia molto prima che i famosi «territori» fossero occupati nella guerra del '67, guerra di difesa indispensabile alla sopravvivenza contro gli aggressori, fra cui la Giordania che occupava quegli spazi, essa, e non i palestinesi che non sono mai stati una nazione.

La Conferenza di Parigi che inizia domenica riunisce nella capitale francese 77 nazioni, è accompagnata da un corteggio di «urrà» di ex ambasciatori francesi (hanno scritto un fondo su Le Monde di una vacuità sconcertante, nello stile del loro ambasciatore che a una serata londinese chiamò Israele «that shitty little country»), di intellettuali chic anche israeliani che adorano mescolarsi al politically correct che disprezza il problema della sicurezza: è lo sforzo del tramonto di Hollande, che cercò di evitare Netanyahu in corteo contro il terrorismo al tempo del Bataclan. La Francia è sempre stata antisemita, il Quai d'Orsay ha una storia d'affari e amore con il mondo arabo, sempre basati su accordi antisraeliani. Adesso, in un momento in cui sarebbe vitale una soluzione per la Siria, per la Libia, per l'Irak, per il terrorismo in Turchia, per la reviviscenza dell'Iran, ecco che la Francia si pavesa di bandiere palestinesi dopo l'attacco col camion a Gerusalemme. L'Europa crea l'alibi per i palestinesi per rifiutare qualsiasi colloquio, tanto riceveranno la pappa scodellata, e fomenta i loro attacchi nutrimento per il terrorismo in tutto il mondo.

Paradosso ultimativo, l'assenza dei protagonisti: Israele sa che è una presa in giro, e i palestinesi perché esserci gli darà meno vantaggi del bla bla delle risoluzioni internazionali.

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