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Gambia sull'orlo della guerra. Bomba sbarchi verso l'Italia

Il Paese africano rischia il conflitto civile dopo il rifiuto del suo presidente battuto alle urne di lasciare il potere

Gambia sull'orlo della guerra. Bomba sbarchi verso l'Italia

Il Gambia ha poco più di un milione di abitanti, ma in 16mila hanno già raggiunto, da migranti, le coste italiane e altri 30mila sono pronti al nuovo esodo. È l'instabilità politica del piccolo Paese incastonato nel Senegal a creare una vera e propria diaspora.

Responsabile di quanto sta accadendo è il presidente uscente Yahya Jammeh, che ha deciso di non cedere il potere nonostante la sconfitta elettorale dello scorso 1° dicembre. Il Presidente eletto del Gambia, Adama Barrow, ha prestato giuramento ieri nell'ambasciata gambiana di Dakar, in Senegal, dove si è rifugiato in attesa del legittimo intervento degli Stati vicini per deporre Jammeh e prendere il potere nel Paese. Un intervento militare, appoggiato da Senegal, Nigeria e Ghana, con la benedizione dell'Onu, è in effetti iniziato ieri sera con l'ingresso in Gambia di truppe senegalesi, ma potrebbe trasformarsi in un bagno di sangue. Jammeh non ha accettato la sconfitta, ha indetto lo stato d'emergenza per i prossimi 90 giorni e ha fatto arrivare nella capitale Banjul centinaia di mercenari originari di Liberia, Sierra Leone, Mali e Casamance, la provincia meridionale del Senegal. Questo perché il capo di stato maggiore dell'esercito, Ousman Badjie, ha rifiutato ogni coinvolgimento.

Quello che sta accadendo era stato annunciato in tempi non sospetti (lo scorso aprile) da Solo Sandeng, segretario del movimento United Democratic, e collaboratore del presidente eletto Barrow. Dai microfoni di Rsi Radio di Dakar aveva denunciato l'esistenza di «una strategia per costringere i disperati del mio Paese a fuggire e a riversarsi nel Mediterraneo, creando problemi di stabilità a nazioni come l'Italia». Pochi giorni dopo le sue dichiarazioni venne arrestato e morì in carcere per le conseguenze di un feroce pestaggio.

Le rivelazioni di Sandeng trovano conferma nei dati dell'immigrazione verso l'Italia: dal 2015 a oggi sono arrivati 16mila rifugiati dal Gambia. Quasi nessuno è stato rimpatriato, ma buona parte di loro ha presentato ricorso, avvalendosi del patrocinio gratuito, contro l'asilo negato.

Il responsabile della disastrosa situazione del Gambia è appunto Jammeh, l'uomo che guida ormai da 22 anni, dopo un colpo di Stato, un Paese grande quanto la Basilicata. Non è un mistero che abbia rapporti stretti con i leader di Boko Haram e dell'Isis e che per rafforzare la fratellanza con la jihad abbia trasformato il Gambia in una repubblica islamica di stampo wahabista. Jammeh ha abolito per decreto la lingua inglese, sostituendola con l'arabo, favorendo l'apertura di stanze di tortura per gli oppositori a Banjul.

«Vuole costringere gli abitanti alla fuga, creare caos in Europa - avverte Alieu John Danso, giornalista originario del Gambia emigrato da 5 anni a Denver, negli Usa - abbiamo inviato al tribunale dell'Aja una documentazione di tutti i crimini perpetrati da Jammeh. Aspettiamo che anche le Nazioni Unite prendano posizione. Si parla tanto di Califfato Islamico, ma in pochi sanno che il Gambia è la prima nazione a vocazione jihadista riconosciuta internazionalmente».

Il 51enne Jammeh è noto all'opinione pubblica per atteggiamenti spesso sconcertanti. Nel 2007 affermò di poter curare l'Aids con un unguento, ma solo di giovedì. Due anni dopo diede vita a un rituale di esorcismo collettivo, arrestando mille persone e costringendole a bere un liquido che ne uccise una cinquantina.

Nel febbraio 2014 ha modificato il codice penale, prevedendo l'ergastolo per chi si «macchia di omosessualità».

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