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La Gerusalemme cinese scatena la rivolta delle croci

Le tolgono dalle chiese? E i parrocchiani le mettono su auto, case e vestiti

La Gerusalemme cinese scatena la rivolta delle croci

«Chi comanda qui? Il partito comunista o i cristiani?». È cominciata con una battuta che Giovannino Guareschi avrebbe potuto mettere in bocca a Peppone, la più grande campagna di demolizione di croci e chiese in Cina degli ultimi 40 anni. A pronunciarla è stato il segretario del partito comunista della provincia orientale del Zhejiang, Xia Baolong. In occasione di una visita alla città più importante della provincia, Wenzhou, nel settembre 2013, ha dato voce così al suo disappunto, notando che lo skyline era dominato dalla grande e luminosa croce della chiesa di Sanjiang. Da allora, nei tre distretti e nelle sei contee in cui è divisa la città-prefettura, dalla quale provengono la maggior parte degli immigrati cinesi in Italia, sono già state rase al suolo decine di chiese e più di mille croci. La grande basilica è stata la prima a sparire. Soprannominata prima dell'arrivo del comunismo la «Gerusalemme cinese», Wenzhou ha conosciuto una crescita esponenziale del cristianesimo negli ultimi decenni: ormai i cristiani rappresentano il 15 per cento della popolazione e superano il milione. Con la scusa di abbattere edifici «illegali», il partito locale ha lanciato all'inizio del 2014 la campagna delle «Tre rettifiche e una demolizione». Migliaia di avvisi sono stati recapitati a parrocchie e comunità con questo messaggio: abbattete la croce della vostra chiesa o raderemo al suolo tutto l'edificio. La politica del partito ha causato una sindrome da «Contrordine compagni». La grande chiesa di Sanjiang, la cui costruzione è terminata nel 2013 dopo sei anni di lavori, costata ai fedeli 30 milioni di yuan (circa 3,5 milioni di euro) per una superficie complessiva di 10 mila metri quadrati, ed era stata approvata dal partito locale. I gerarchi comunisti l'avevano perfino definita un «capolavoro architettonico». Quella stessa chiesa è stata demolita con gru e cariche di esplosivo il 27 e 28 aprile dell'anno scorso, dopo che migliaia di cristiani riunitisi davanti al portone di ingresso per difenderla sono stati dispersi, picchiati o arrestati dalla polizia intervenute in forze. A due anni dall'inizio della campagna di demolizione ancora in corso, decine sono state rase al suolo e più di 1.500 croci abbattute perché «troppo vistose». Feng Zhili, responsabile locale del partito per gli Affari religiosi, ha ammesso che intervenire era necessario perché «la crescita del cristianesimo è stata eccessiva». Tutti i religiosi che hanno parlato nell'ultimo anno ai media mantenendo l'anonimato hanno espresso lo stesso concetto: «Vogliono cancellare ogni traccia del cristianesimo. È peggio della Rivoluzione culturale: allora bruciavano le bibbie, ma non rimuovevano le croci dalle chiese». Il comitato per gli Affari religiosi del Zhejiang ha anche approvato nuovi regolamenti: ora i crocifissi dovranno essere posti solo sulla facciata delle chiese, e non più sul tetto. Saranno inoltre «piccoli e dello stesso colore della parete», cioè invisibili. Secondo L., pastore protestante di Wenzhou, la croce è considerata dal partito un «elemento politico» pericoloso: «Il governo ritiene l'influenza dei cristiani una minaccia al potere del partito unico». La rinnovata persecuzione ha ottenuto però un risultato inaspettato: l'unità dei cristiani. Chiesa sotterranea e Chiesa patriottica governata dal partito, spesso divise, hanno protestato assieme. I responsabili delle due comunità di Wenzhou hanno diffuso un comunicato congiunto per «chiedere di fermare le demolizioni, che continuano senza rispetto per la legge». Molte parrocchie hanno anche costruito migliaia di crocifissi di legno, dipinti di rosso, per porli «sulle case, sulle automobili e sui vestiti.

Non possiamo esporre la croce sulle chiese? Allora la diffonderemo ovunque».

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