Il giornalista Mussolini

Per la pace di domani grido: abbasso la pace!

Per la pace di domani grido: abbasso la pace!

La pace? No. Non ancora. Non adesso. La possono auspicare - più o meno accademicamente o sinceramente - i quacqueri del Nord America o della... Svizzera. Non noi. Le voci pacifiste che circolano sui giornali - anche socialisti - esprimono piuttosto un desiderio vago che una eventualità di un domani immediato. La pace è impossibile, oggi. La Triplice Intesa non può volerla. Ci sono delle ragioni fondamentali che si oppongono ad ogni prematuro tentativo di pace. Le dicerie di accordi «separati» fra Russia ed Austria non hanno fondamento alcuno. Sono «manovre» di... guerra fatte... coi giornali. Comunque, i socialisti e i sovversivi interventisti devono reagire energicamente contro alla formazione di uno stato d'animo pacifista, specie in paesi, che come l'Italia, devono «necessariamente» scendere in guerra.

La pace - oggi - sarebbe un delitto di lesa umanità. Quest'affermazione non è - come potrebbe sembrare a prima vista - paradossale. Si possono prospettare tre ipotesi: la pace con vantaggio della Germania, la pace ai danni della Germania, la pace-compromesso che lascia intatto o quasi lo statu quo europeo. Dal punto di vista rivoluzionario tutte e tre le ipotesi sono da rigettarsi. Una pace con vantaggio - più o meno notevole - per la Germania, significherebbe, con molta probabilità, la annessione del Belgio e un grave sacrificio per la Francia. Una pax germanica rialzerebbe il prestigio del militarismo prussiano e preparerebbe - a breve scadenza - un nuovo tentativo di egemonia tedesca sull'Europa. È possibile una pace - oggi - che conduca a una umiliazione della Germania? No. La situazione militare della Germania è ancora buona, specie nell'Occidente. Ma, supponendo che la Germania fosse costretta dalla sua disperata situazione economica a chiedere la pace, tale pace celerebbe un'insidia. La Germania, che non ha subito che in minima parte i danni dell'invasione, potrebbe «rifarsi» rapidamente dei danni sopportati nella guerra e ricominciare fra qualche tempo la partita. La terza ipotesi di una pace di transazione è la peggiore di tutte e non vale nemmeno la pena di spendervi attorno molte parole. Ora è necessario che il gruppo austro-tedesco sia battuto e sia costretto ad arrendersi senza condizioni, com'è avvenuto per la resa di Przemysl. La guerra deve continuare sino al giorno in cui i tedeschi dovranno chiedere la pace in ginocchio. Altrimenti la guerra avrà mancato al suo scopo. Milioni di uomini, miliardi di denaro saranno stati sacrificati invano. Questa immensa ecatombe di giovani, deve liberare l'Europa dall'incubo del militarismo prussiano. Se così non fosse, fra pochi anni avremmo un'altra guerra. Una pace duratura non è possibile se i problemi di nazionalità - che spiegano in gran parte la guerra attuale - non saranno risolti. L''ustria deve essere ridotta ai minimi termini o, meglio ancora, deve essere fatta «saltare» come un conglomeramento eterogeneo; la Germania dev'essere fiaccata e resa, almeno per cinquant'anni, completamente innocua. Solo così il Belgio potrà ricostruire dalle rovine le sue città e rivivere la sua vita, solo così la Francia potrà sanare le ferite profonde dell'invasione.

Caso contrario, i tedeschi ripeteranno il colpo. Non per nulla essi hanno teorizzato la guerra come «un'industria». Nel 1878, pochi anni dopo alla guerra franco-prussiana, Bismarck - irritato e preoccupato della rapidità colla quale la Francia si era riavuta dalle disfatte del 1870 - meditava di vibrare un altro colpo mortale alla nazione nemica. La minaccia russa trattenne le armate di Moltke. Se una pace anticipata e provvisoria conservasse alla Germania la sua preponderanza militare, un'altra guerra, a breve scadenza, devasterebbe e insanguinerebbe l'Europa.

Perché questa guerra conduca a un più stabile equilibrio internazionale, perché questa guerra imponga la limitazione degli armamenti e, quindi, crei una situazione favorevole per le lotte della classe operaia, è necessario che sia una guerra di liquidazione, una guerra a fondo, sterminatrice di coloro che l'hanno voluta.

Un ministro inglese ha ricordato che questa è la quarta volta, nel corso di appena cinquant'anni, che la Prussia ha scatenato la guerra. Nel 1864 contro la Danimarca, nel 1866 contro l'Austria, nel 1870 contro la Francia, nel 1914 contro l'Europa. Ma questa dev'essere l'ultima.

La pace - così stando le cose - è un desiderio inutile; peggio, un'aspirazione criminale. I pacifisti nord-americani sono dei collaboratori insperati e graditi che assicurano le fortune della Germania e quindi il premio alla sua barbarie. Come l'internazionalismo, fatto ingenuamente sul serio dai socialisti dei paesi latini, costituiva un prezioso elemento di successo per la Germania dove i socialisti - con in testa Bebel - anteponevano la loro qualità di tedeschi alla loro qualità di socialisti, così il latte e miele e... tartine del pacifismo wilsoniano e dollaresco finisce per esercitare il suo influsso deprimente non sui tedeschi - organizzati sin dall'infanzia per la guerra - ma su gli altri popoli, che disperatamente si difendono dalla Germania.

Fortunatamente, questi primaverili ramoscelli d'olivo, queste... pasquali nostalgie, non turbano il corso fatale delle cose, né fanno tacere la voce tonante dei cannoni. Dopo il Natale rosso, avremo la Pasqua rossa. Non vi fu tregua il 25 dicembre, non vi sarà sosta domenica prossima. La resurrezione del Cristo - come già la nascita - non farà deporre le armi a coloro che cercano la vittoria. Per la pace di domani, oggi, bisogna gridare: abbasso la pace!

1 aprile 1915

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