Non è servito aspettare le elezioni Europee che - quorum permettendo - catapulteranno la rivoluzionaria Ilaria Salis sulle poltrone del Parlamento di Strasburgo e le garantiranno l'immunità. A tirare fuori l'italiana dalla cella dove stava rinchiusa da quindici mesi provvede direttamente il tribunale di Budapest, che accoglie la nuova istanza di arresti domiciliari presentata dai suoi avvocati milanesi, Eugenio Losco e Mauro Straini. Una decisione che coglie di sorpresa un po' tutti ma non il governo italiano, che in queste settimane aveva azionato le leve della politica e della diplomazia per disinnescare il caso Salis: «La decisione è del tribunale - spiega a botta calda il ministro degli Esteri Antonio Tajani - ma mi pare che l'Italia abbia sempre lavorato sotto traccia. Quando si lavora sotto traccia e non si suonano i tamburi i risultati si ottengono».
La svolta, anticipata da alcuni flash d'agenzia, viene confermata da Tajani nel primo pomeriggio, durante le interrogazioni rapide a Montecitorio. L'ordinanza del tribunale ungherese prevede che, appena pagata una cauzione, la Salis possa lasciare il carcere e trasferirsi nell'appartamento di Budapest già affittato dalla sua famiglia. Obbligo di braccialetto elettronico e sorveglianza stretta da parte della polizia, a dimostrazione che per gli inquirenti locali non sono venuti meno nè la pericolosità della donna nè la gravità degli elementi a suo carico per le violente aggressioni a militanti di destra nel febbraio dello scorso anno. Ma è chiaro che gli arresti domiciliari costituiscono un passo indietro vistoso da parte della giustizia ungherese, che il 28 marzo aveva respinto con durezza l'istanza di domiciliari. E che questo passo indietro è frutto di un input del governo di Viktor Orban, a sua volta sollecitato da Roma. La cauzione viene fissata in sedici milioni di fiorini ungheresi, pari a circa 41mila euro. In queste ore la famiglia Salis sta raccogliendo la somma con l'obiettivo di ottenere il trasferimento di Ilaria nell'appartamento prima del fine settimana. In quell'appartamento, secondo spiega il padre Roberto, il primo passaggio sarà un «un check up medico importante, ha passato dei mesi di inferno. Poi le faremo avere l'assistenza per ripristinare la sua condizione psicofisica. Ilaria è in cella di massima sicurezza, più stringente del 41bis e passa 23 ore al giorno in cella». Poi Roberto Salis continua ad attaccare il governo Meloni: «Paghiamo il ministro della Giustizia e degli Esteri per lavorare per noi, non abbiamo visto nessuna attività concreta». L'obiettivo dei difensori, rilanciato da dichiarazioni di esponenti della sinistra italiana, diventa ora riportare la Salis a casa, «speriamo possa presto rientrare in Italia, in sicurezza. E ci aspettiamo il governo si adoperi» dice Elly Schlein. Il governo, in realtà, si è già mosso in questi mesi, dopo che a gennaio le crude immagini della italiana in ceppi nell'aula del tribunale di Budapest avevano fatto esplodere il caso.
Dietro la cautela delle dichiarazioni ufficiali della Meloni («il governo italiano può intervenire solo dopo la sentenza»), la premier e Tajani, sollecitati anche dal Quirinale, hanno mandato segnali precisi a Budapest: nessun dubbio sulla correttezza della giustizia ungherese, nessuna indulgenza per i reati della Salis se venissero provati, ma tenerla in galera prima della condanna rischia di farne un simbolo. Messaggio ricevuto.
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