"Grave sottovalutazione del rischio". Macigno su Speranza e sul Conte bis

Il pm di Bergamo: "Il piano pandemico anti influenzale andava applicato". E sul report Oms: "Ci sono molte incongruenze"

"Grave sottovalutazione del rischio". Macigno su Speranza e sul Conte bis

“Allo stato non ci sono elementi per alcuna contestazione nei confronti del ministro” Speranza. Però è anche vero che "non ha raccontato cose veritiere”. E comunque “sono in corso doverosi approfondimenti”. In due giorni il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani, ha riacceso le polemiche sul dicastero della Salute, sotto accusa per la gestione della prima fase dell’epidemia da coronavirus. Errori, omissioni, sottovalutazioni. Vedremo dove porteranno le carte dell’inchiesta della procura orobica (occorre attendere i processi prima di sbilanciarsi), ma ci sono molti, troppi interrogativi cui il ministro di Leu dovrebbe rispondere. Noi ne abbiamo stilati dodici, cui si aggiungono oggi le frasi del pm bergamasco: “Abbiamo rivelato molte incongruenze nelle parole di tante persone sentite”. Chi ha mentito?

Certo è che qui il punto appare più politico, che giuridico. E si dipana lungo tre direttive: primo, la zona rossa in Val Seriana, con i militari pronti a chiudere Nembro e Alzano Lombardo e poi inspiegabilmente ritirati dal governo Conte di cui Speranza era esponente di spicco; secondo, la mancata applicazione del piano pandemico anti influenzale, il quale - sebbene non aggiornato - secondo alcuni tecnici avrebbe permesso di sviluppare una migliore risposta ad un agente patogeno sconosciuto; terzo, il grande mistero del dossier Oms sulla gestione “caotica e creativa” dell’italia, scritto da Francesco Zambon, tolto in fretta e furia dal sito dell’Organizzazione e mai rimesso online.

Sull’ultimo punto Speranza ha sempre negato il coinvolgimento del ministero nella scelta di Ginevra di ritirare la pubblicazione. La corrispondenza con Brusaferro, contenuta nelle carte dell’inchiesta, sembra però smentire questa ricostruzione. Ed è su questo punto che i pm di Bergamo hanno riscontrato “molte incongruenze che riguardano le versioni date da più soggetti”. Ranieri Guerra, ex direttore aggiunto di Oms inviato nel Belpaese per fare da raccordo tra Roma e Ginevra, è già stato iscritto nel registro degli indagati per false dichiarazioni rese ai pm. Nel mirino della procura ci sono Silvio Brusaferro, che con Guerra e Speranza parla del report degli “scemi di Venezia”. E forse anche altri tra i tecnici del ministero sentiti dai magistrati. “Abbiamo rilevato molte incongruenze nelle parole di tante persone sentite - spiega Chiappani al Corriere della Sera - Adesso ci sono valutazioni da fare e migliaia di documenti da verificare, comprese le trascrizioni dei messaggi scambiati”.

Diverso il discorso sul piano pandemico anti-influenzale. All'inizio, come già ampiamente analizzato nel Libro nero del coronavirus, l’attenzione si era focalizzata sul mancato aggiornamento del documento, fermo al 2006 e mai ritoccato dai tecnici del ministero. Poi la partita si è spostata sulla sua applicazione. All’interno della task force, Giuseppe Ippolito a fine gennaio 2020 suggerì di utilizzarlo per preparare il Paese alla pandemia. Ma il ministero decise di riscriverne uno nuovo di zecca da zero, poi diventato famoso come il "piano segreto". Perché? Per Speranza quello vecchio “non era sufficiente per il Covid e così ne abbiamo messo a punto uno specifico”. Ma Andrea Crisanti e altri esperti ritengono potesse essere utile. "Il Piano è una linea programmatica ministeriale, andava applicato”, dice il procuratore Chiappani secondo cui "è stata saltata la fase 'pre pandemica' e ci si è mossi con una gestione non programmata della crisi".

Per decidere su eventuali contestazioni penali il pm attende la consulenza di Crisanti e crede che "su questo ogni valutazione riguarderà l’apparato tecnico della nostra sanità, non quello politico". Claudio D'Amario, ex direttore generale della Prevenzione, ritiene però che la scelta di attivare il piano pandemico fosse "una decisione politica, in capo al ministero e al governo". Dunque a Speranza.

Resta una certezza, però: nella gestione della prima fase dell’epidemia “c’è stata una grande sottovalutazione del rischio”, sia essa di tipo tecnico o politico. Sottovalutazione che l’Italia ha pagato con migliaia di morti.

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