Elezioni in Grecia

Grecia al voto, torna l'ipotesi dracma

La sinistra radicale di Syriza a un passo dalla vittoria. E il leader Tsipras studia il ritorno alla vecchia moneta

Un elettore al seggio in Grecia
Un elettore al seggio in Grecia

Atene - «La cravatta? La indosserò solo quando ci sarà l' haircut sul nostro debito». È un Alexis Tsipras informale quello che ha speso l'ultimo giorno prima delle urne greche di oggi (seggi aperti dalle 7 al tramonto) a spasso per l'isola di Creta e poi, nel pomeriggio, a pranzo con alcuni giornalisti nel centro di Atene. La vittoria, come testimoniano tutti i sondaggi, è ormai a un passo. Resta solo da valutarne, questa sera, il peso specifico. Ma al di là dei numeri, che pur diranno molto sulle strategie future in caso di governo di coalizione, uno scenario significativo, fin qui escluso da tutti, potrebbe essere quello rappresentato dal rischio­dracma. A più riprese il 41enne leader della sinistra radicale di Syriza, che vanta un buon feeling con il Cremlino, ha annunciato di non immaginare una Grecia fuori dall'euro e, parimenti, di non riconoscere il memorandum siglato dai suoi predecessori. Sta pensando realisticamente ad una terza via che altro non può essere se non la dracma o un euro di serie B?

L'ipotesi di una doppia moneta era già circolata nei giorni delle seconde elezioni del 2012 (circostanza che potrebbe, paradossalmente verificarsi, anche questa volta) ma l'intero universo economico la escluse, adducendo il precedente dell'Argentina. Nonostante possa avere una svalutazione almeno del 30% e ragionando realisticamente sul fatto che la Grecia non è come il Paese sudamericano perché più piccola e con molte risorse ancora non sfruttate, una nuova moneta più «sexy» potrebbe fare ciò che nessun prestito della troika farà mai. Ovvero attirare investitori dediti al business a medio­lungo termine (e non cinesi che comprano tanto per accumulare), e soprattutto realizzare nuove fabbriche, visto che in Grecia non si produce nulla, tranne i noti e pregiati yogurt e feta. La Grecia importa di tutto, persino olio e cotone presenti in loco da 5000 anni, mentre sotto le acque di Creta ci sarebbe gas per 400 milioni di euro. Una zona franca, in Europa, dove produrre a basso costo e con la qualità delle materie prime che c'è, potrebbe essere la vera soluzione ­ non bancaria ma di economia reale ­ a una crisi infinita. L'argomento, ufficialmente tabù perché spaventa gli elettori e Berlino, tiene banco da mesi nelle conversazioni riservate ad Atene, Washington e Mosca, ma come detto molto dipenderà anche dalla composizione del nuovo esecutivo. Due gli scenari possibili. In caso di Tsipras vincente con il premio di maggioranza, ecco nascere già domani (in contemporanea con l'Eurogruppo) un monocolore Syriza con una squadra di soli undici ministri. Il maggiore indiziato a ricoprire le Finanze è l'economista Iannis Varoufakis, greco­australiano, docente all'università americana di Austin, senza sottovalutare Iannis Tolios, che cura gli ottimi rapporti con la Russia. Qualora invece non ottenesse la fatidica soglia dei 151 deputati allora dovrebbe tentare la strada delle alleanze. Possibile interlocutore il nuovo partito centrista Potami, fatto nascere lo scorso maggio dal giornalista televisivo Stavros Theodorakis e che in soli quaranta giorni alle europee centrò il 4%.

Oggi è dato al 7%, quindi terza forza dietro i conservatori di Nea Dimokratia del premier Samaras (al 26%). Vicino al gruppo industriale Bobola, proprietario della tv privata Mega e della multinazionale Ellaktor, Theodorakis ha fino ad oggi glissato sull'argomento, ma resta il più accreditato rispetto ai socialisti ormai divisi. Da un lato il Pasok del vicepremier Venizelos in caduta libera (al 4%), dall'altro il Kinima nuovo movimento dell'ex premier Papandreou (al 2,5%) ma entrambi a rischio esclusione. E i super nazionalisti di Alba dorata? Sono dati tra il 6 e il 7% e, come prevede la Costituzione, se terzi classificati potrebbero (anche se poco probabile) ottenere l'incarico esplorativo dal Capo dello Stato se i primi due partiti non riuscissero a formare una maggioranza. Intanto sono 180mila i neo 18enni greci che non voteranno, perché gli elenchi elettorali vengono aggiornati solo due volte l'anno. E la pachidermica burocrazia greca non è stata pronta.

twitter@FDepalo

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