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I tre jihadisti in trappola ma è caos sulla sicurezza

Sarebbero franco-algerini andati a combattere in Siria e rientrati in estate. Il fallimento dell'intelligence e del presidente Hollande è imbarazzante

I tre jihadisti in trappola ma è caos sulla sicurezza

Nella notte, otto ore dopo la strage alla redazione di Charlie Hebdo, le autorità francesi hanno identificato e localizzato i tre autori dell'attentato che ieri mattina ha provocato 12 morti, dieci giornalisti e due uomini in divisa. Si tratta secondo le informazioni pubblicate dal sito del settimanale francese Le Point, che cita fonti della polizia, di due fratelli di 34 e 32 anni, Said e Sherif Kouachi, nati a Parigi e di origini algerine.

Il loro complice, che avrebbe fatto da autista, è un 18enne, Amid Mourad, della regione di Reims. E proprio a Reims ieri notte, mentre questo giornale andava in stampa, le forze speciali si stavano preparando a un'operazione in uno dei quartieri della cittadina. Uno dei due fratelli Kouachi, Sherif, era noto ai servizi segreti perché condannato nel 2008 per coinvolgimento con un'organizzazione che spediva e addestrava giovani in Irak. Secondo l'Associated Press, i due sarebbero legati a una rete di terrorismo yemenita che quest'estate erano stati a conbattere in Siria. A tradire la loro identità un errore grossolano: hanno perso una carta d'identità nell'auto usata per l'attacco a Charlie Hebdo.

I tre uomini - un mini commando militare addestrato, aveva fatto sapere la polizia - dopo l'attentato sono fuggiti dalla piccola via nell'XI arrondissement di Parigi in cui ha sede la redazione di Charlie Hebdo a bordo di una Citroen C3 scura rubata. Hanno abbandonato il veicolo nel XIX arrondissement, sono saliti su un'altra auto e scappati verso il Nord-est della capitale.

Le autorità hanno subito iniziato una caccia all'uomo, dichiarato il massimo livello d'allerta, installato una sala operativa nel quartier generale della polizia giudiziaria, un numero verde per permettere ai cittadini di dare informazioni, 3.000 agenti sono stati dispiegati nell'intera Ile-de-France davanti alle redazioni, ai centri commerciali, vicino ai luoghi turistici, a quelli di culto.

L'assalto è stato subito definito dal presidente francese François Hollande un attentato terroristico. Il presidente ha parlato ieri sera alla nazione, in un discorso breve ma molto emotivo: «La Francia oggi è stata colpita al cuore - ha detto - a essere aggredita è tutta la République», i suoi valori di libertà e pluralismo attorno al quale i francesi si devono riunire per far fronte alla crisi. Ieri in serata migliaia di persone sono scese in strada in Place de la République a manifestare in sostegno della libertà d'espressione. Oggi, sarà un giorno di lutto e di bandiere a mezz'asta in tutto il Paese.

L'azione coordinata con precisione militare dagli uomini incappucciati ha trovato ieri una resistenza quasi inesistente, nonostante Charlie Hebdo subisse da tempo minacce, la sua sede fosse stata incendiata nel 2011 e da mesi l'allerta terrorismo in tutta Europa sia ad alti livelli a causa delle partenze e soprattutto dei ritorni di combattenti europei e americani dai campi di battaglia siriani e iracheni. L'attacco arriva in un momento in cui i servizi francesi come quelli di tutta Europa sono in allerta e la Francia sa di essere un potenziale obiettivo perché impegnata sia in Africa sia in Medio Oriente in azioni militari contro gruppi radicali islamisti.

Nonostante la presenza di polizia, di un uomo di scorta di Charb - ucciso -, il mini commando è entrato facilmente negli uffici, in cui era in corso la riunione di redazione settimanale. Un'automobile della polizia non è riuscita a bloccare la fuga degli uomini armati. «Dite ai media che siamo di Al Qaeda in Yemen», avrebbe detto secondo i giornali francesi uno degli assalitori a un passante. Al Qaeda in Yemen è il braccio operativo e della rete terroristica delegata agli attacchi contro l'Occidente. Nessuno però ha rivendicato l'atto e gli inquirenti in serata non avevano avanzato ipotesi sull'affiliazione dei tre.

I dettagli emersi rafforzano i timori che da mesi attraversano l'Europa: che giovani radicalizzati con passaporti europei possano colpire obiettivi occidentali senza essere intercettati dall'antiterrorismo.

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