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"Hamas assolto, come gli stupri a Colonia"

Houellebecq si scaglia contro l'antisemitismo occidentale: "Non è sottomissione, ma suicidio"

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Michel Houellebecq porta addosso da trent'anni la sua brava etichetta di «scrittore controverso», che gli intellettuali di sinistra appiccicano a scopo sminuente a quelli non di sinistra che pensano con la testa propria. («Bravo, sì, però controverso: con quelle idee sulle donne» oppure: «Con quelle idee sull'islam» oppure ancora: «Con quelle idee su Israele». Et voilà, il risultato è servito: uno dei più brillanti scrittori europei degli ultimi decenni deve sempre starsene sulla difensiva). L'autore delle Particelle elementari, peraltro, non manifesta «idee controverse» solo sulle donne (che poi, a ben vedere, descrive nei suoi romanzi come persone libere e disinibite, capaci di dare gioia agli uomini attraverso il sesso: dov'è il problema?), sull'islam o su Israele: lo fa su tutti questi temi contemporaneamente, prendendosi tra l'altro la libertà di tornare sui propri passi quando lo ritiene opportuno e poi magari di nuovo andando nella direzione opposta. Pensa, per l'appunto, con la propria testa. Su questi come su qualsiasi altro tema.

Ieri Houellebecq è tornato più che mai controverso. Ai bigotti dell'oicofobia (quello pseudointellettuale «odio per la propria casa» occidentale che egli, insieme a un altro gigante francese «controverso» come Alain Finkielkraut, denuncia) che mai gli avevano perdonato le allusioni alle loro debolezze verso l'invadenza islamica nel suo celebre Sottomissione, era parso redimersi nel maggio scorso, quando aveva detto forse mi sbagliavo, il problema non è l'islam ma la delinquenza. In un'intervista a un giornale israeliano, però, ha rovinato tutto: dal punto di vista dei bigottoni, si capisce. È tornato a denunciare quella sottomissione della cultura e di certa società francese all'islam, citando il caso (folle, in verità) delle donne ebree che sono state cacciate da una manifestazione contro la violenza sulle donne perché ricordavano gli stupri subiti da Hamas.

«Servirebbe una parola più forte di sottomissione ha detto lo scrittore -, forse suicidio. C'è stato il caso celebre e molto significativo delle molestie di massa a Colonia la notte di Capodanno. In linea di principio, in Europa, lo stupro è un crimine assoluto. Bene, però c'è un gruppo di individui di origine extraeuropea che molesta centinaia di donne a Colonia, ma poiché sono extraeuropei, vengono più o meno perdonati. Lo stesso vale per i palestinesi». Houellebecq si è detto «ancora incapace di credere» all'ondata di paradossale antisemitismo esplosa in Europa dopo il pogrom del 7 ottobre: «Pensavo che anche i peggiori gauchisti, quelli che di solito appoggiano senza riflettere tutte le azioni palestinesi, che trovano sempre da ridire sulla politica di Israele, avrebbero detto che no, non si poteva davvero far passare una cosa del genere. Mi aspettavo un grande movimento di solidarietà verso gli ebrei: è successo l'esatto contrario».

Fedele al suo stile di pensiero, Houellebecq ha demolito una serie di luoghi comuni che passano per intoccabili. «Mi ha infastidito ha detto la narrazione globale offerta dai media: i palestinesi buoni e i cattivi di Hamas che usano i primi come scudi umani. In fondo è lo stesso ritornello stancante che sentiamo in Francia sul fatto che non bisogna generalizzare. Tremila palestinesi sono entrati in Israele il 7 ottobre, sono tanti». Nemmeno si è tirato indietro rispetto al dramma umano posto dalle stragi di civili di Gaza: «Lì è estremamente difficile portare a termine attacchi mirati, ma per me state facendo quel che è necessario. Non vedo come potreste fare altrimenti». L'unica critica che ha mosso a Netanyahu riguarda la colonizzazione in Cisgiordania, «che è illogica e impedisce la pace».

Alla fine dell'intervista, lo scrittore concorda con la indispensabilità di Israele come «rifugio degli ebrei, perché l'Occidente è messo male» e arriva a chiedere se potrebbe un giorno ottenere la cittadinanza israeliana, almeno a titolo onorario. Torna alla memoria il dolore del protagonista di Sottomissione quando la sua fidanzata ebrea lascia la Francia in via di islamizzazione per Israele.

Che per l'ateo Houellebecq è un luogo sacro di libertà, che a volte ha un tragico prezzo di sangue.

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