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"I nostri indumenti rendono felici"

Intervista a Barbara Cimmino (Yamamay). Dal legging Sculpt che ti toglie una taglia ai reggiseni per chi ha subito una mastectomia

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Si può parlare di aspetti emozionali parlando di mutande, reggiseni e indumenti contenitivi? «Si deve» risponde categorica Barbara Cimmino, Head of Innovation and CSR (Corporate Social Responsability) di Yamamay, marchio di biancheria intima e abbigliamento da mare che nella propria lista degli obbiettivi aziendali (il termine esatto è «purpose», cioè scopo) ha scritto: «creare prodotti di qualità che rendono felici chi li indossa». Qualcuno dice che la felicità è fatta di buona salute e cattiva memoria, ma di sicuro tra le molte cose che possono renderci infelici c'è un reggiseno con il ferretto che ti si pianta nelle ascelle mentre l'elastico delle spalline sega la carne. Portatori di malumore se non proprio d'infelicità anche gli indumenti contenitivi. Servono per non sembrare un serpente che ha ingoiato una pecora sotto agli abiti aderenti, ma sono così brutti e scomodi da evocare il cilicio. «Tutto questo è ancora niente» puntualizza madame Cimmino ricordando che solo in Italia una donna su sette viene colpita dal tumore al seno e in caso di mastectomia, radio e chemio terapia ci vogliono accorgimenti più che speciali. «Inoltre c'è il problema davvero enorme della sostenibilità» conclude la signora che rappresenta l'Italia nel board di Euratex, la confederazione europea sul tessile-abbigliamento da cui stanno uscendo nuovi standard e normative per le imprese.

Yamamay è tra le 200 migliori aziende italiane per l'attenzione all'ambiente, quanto conta questo per i consumatori?

«Meno di quel che dovrebbe. Eppure è un problema enorme. Nel mondo si producono 150 miliardi di capi all'anno per 7 miliardi di persone tra cui contiamo circa 2 miliardi d'indigenti. Tutta questa roba dove va a finire e prima ancora quanto ci costa in termini d'impronta ambientale produrre così tanto? Per qualcuno, ad esempio noi, l'ostacolo della sostenibilità è stato una spinta a fare pensieri diversi».

Di che tipo?

«Prendiamo la nostra linea Sculpt che fin dall'inizio produciamo con tessuti di Eurojersey, un'eccellenza italiana nel settore. Quest'anno compie 10 anni e ha da sempre un enorme successo perché davvero ti toglie di dosso una taglia: due centimetri sul punto vita solo con i leggings. Dal primo modello a oggi ne abbiamo venduti un milione 500 mila e 643 pezzi. Ebbene adesso al concetto di estetica e funzionalità abbiamo unito quello di eco design e la facilità di manutenzione. Il nostro dipartimento Ricerca e Sviluppo ha condotto un'analisi su 16 indicatori per valutare gli impatti ambientali della produzione. Del resto noi nel 2025 vorremmo avere il 65% di prodotti innovativi (cioè con performance diverse) e sostenibili. Domani (oggi per chi legge, ndr) sarò al Senato per parlare proprio di questo».

Rispetto a 10 anni fa le donne hanno fatto moltissima strada sull'accettazione del loro aspetto fisico, è ancora così utile una linea contenitiva?

«Direi di sì perché qui non si parla tanto di magrezza, ma di fornire l'immagine migliore di sé: un corpo più tonico e levigato. Abbiamo misurato 60 donne nel body scanner e usiamo degli avatar oltre ai nostri celebri manichini. Sculpt funziona. E il nuovo leggings Bold è pazzesco: lo puoi anche portare a vista al posto dei pantaloni, è costruito come un bustier di alta moda».

Che cosa hanno di diverso i reggiseni per chi ha subito una mastectomia?

«Apparentemente niente e già questo è molto importante per una donna che teme di aver perso con il seno la femminilità. In più il nostro Principessa Superbra Silver Edition è fatto di solo tessuto traspirante per cui può essere usato anche di notte, ha due aperture davanti e dietro per essere indossato e tolto senza fatica, le coppe aggiuntive: tutto quello che serve. Inoltre per fare il fit test ci siamo rivolte alle senologhe che collaborano con l'associazione Le Libellule.

E poi sta bene a tutte perché con 5 misure copriamo 35 taglie: un prodotto speciale di cui sono davvero fiera».

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