Finalmente Immuni. Ma non troppo, visto che l'app di tracciamento che dovrebbe fare da scudo al coronavirus parte col freno a mano tirato e tra molti mugugni. La notizia positiva è che si può utilizzare anche sui dispositivi Huawei e Honor che ancora adottano le app di Google (pre 2019, insomma), perché il problema che rendeva Immuni incompatibile con il sistema del brand cinese è stato risolto. Resta da risolvere la questione sui nuovi smartphone post bando di Trump, ma ci si sta lavorando.
Per il resto ci sono i numeri, ancora insufficienti, che rendono difficile la vita del tracciamento. Intanto: l'app è staca scaricata da due milioni di persone, il che vuol dire che finora siamo circa al 4 per cento del campione utile. Quando per funzionare davvero si dovrebbe arrivare al 70. E poi c'è sempre sotto traccia il problema (inesistente) della privacy, che fa affermare per esempio a Matteo Salvini «io non scarico assolutamente nulla. Gli italiani chiedono garanzia totale nella gestione e tutela dei loro dati. E fino a quando non ci sarà questa garanzia, io non scarico nulla». In realtà sul tema molta è la confusione, confermata da un sondaggio di Emg Acqua secondo il quale solo il 44% della popolazione maggiorenne si è dichiarata ad avere Immuni sullo smartphone e ancor di più (anzi di meno) soltanto il 16% ha detto che la scaricherà certamente. Così come il 24% si è detto del tutto contrario ad utilizzarla. Cerchiamo dunque di mettere le cose un po' a posto. Ben sapendo che chi doveva farlo, ossia il governo, ha lasciato troppe domande senza risposta. In pratica:
1) Da chi è scaricabile. Per ora solo da chi ha uno smartphone con sistema operativo iOs (Apple) o Android. E solo da chi ha più di 14 anni.
2) L'attivazione. È partita ieri in Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia.
3) Come funziona. L'app fa sì che lo smartphone emetta costantemente un segnale Bluetooth che include un identificativo di prossimità. Il raggio a corta di distanza si incrocia con quello di altri utenti che hanno attivato Immuni.
4) Il Gps. i dispositivi Apple non lo usano. A quelli Android serve per attivare il bluetooth al chiuso. Ma non interagisce con l'app.
5) L'alert. La notifica di rischio arriva a chi è stato in prossimità di una persona poi trovata positiva a meno di due metri di distanza per almeno 15 minuti nei 14 giorni precedenti.
6) La privacy. È sigillata da programma preparato da Apple e Google congiuntamente. Il codice anonimo relativo all'utente esce solo volontariamente. E non rivela la sua identità, ma solo un evento di possibile positività.
7) Cosa fare. Non c'è alcun obbligo se arriva la notifica: si può contattare il medico di base oppure no. A scelta.
8) Il server. È pubblico e gestito da Sogei in Italia. I dati generici di eventuali positività saranno cancellati entro il 31 dicembre 2020.
9) Le altre regioni. Già la settimana prossima Immuni dovrebbe essere attiva in tutta Italia.
10) Le altre app. A parte quelle regionali, Immuni è l'unica riconosciuta a livello nazionale.
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