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Indignatevi pure per l'Israelofobia in doppiopetto

Indignatevi pure per l'Israelofobia in doppiopetto

Apprezzo il tentativo del mio caro amico Ernesto Galli della Loggia di fornire ai lettori del Corriere della Sera un'approfondita lettura dell'antisemitismo contemporaneo, ma manca il bersaglio. Il distacco storico e morale - invece di chiarire - complica, e invece di combattere l'antisemitismo, invita a considerarlo un fenomeno oggi sventolato da gruppi sociali e culturali che hanno interesse a farsene bandiera contro le loro falle.

Condivido il fastidio per l'uso strumentale che «personaggi politici non ebrei fanno spesso e volentieri dell'ebraismo, quando per attestare il proprio impeccabile status etico ideologico si affrettano a cogliere strumentalmente la minima occasione per manifestare a gran voce la propria vicinanza». Ha detto benissimo: ma faccia attenzione. Non ha mai notato che gli stessi, e anche intellettuali, si guardano bene dall'intervenire quando si dichiara che Israele è uno Stato di apertheid, genocida, usurpatore di terre arabe? Ogni analisi che prescinda da questo punto è irrilevante. Israele è l'hic Rhodus dell'antisemitismo contemporaneo. Ernesto non capisce che il suo interessante ragionamento si completa solo quando si comprende che i «sionisti» - per comunisti, neonazisti, islamisti - sono l'ultima testa dell'idra.

È l'odio europeo contro lo Stato nazione e contro la guerra, anche quando è di difesa. Ma è anche il solito antisemitismo, e essendo l'ebraismo l'alpha e l'omega della storia del Vecchio Continente, qui sta il cuore della crisi dell'Europa. È un capitolo imprescindibile per spiegare l'odio antiebraico, e Galli vi accenna solo: Israele ce l'ha fatta e dalle ceneri europee la vita rinasce proprio per lo sforzo ebraico e con valori invisi all'Europa stessa, come lo Stato nazione e la difesa militare. Che vergogna per l'Europa: il vero segnale che i suoi valori di libertà, di democrazia, di identità, sono vivi, è Israele. Qui si innesta «l'odio più antico» che ha tante origini e tante storie diverse, da Hitler al comunismo al '67 e all'odio per i "sionisti".

Qui è l'antisemitismo contemporaneo: reale e non simbolico. Galli fa un accenno all'imbarazzo europeo. Ma non trova una parola per dire che la malattia è proprio questa, capisce bene che i movimenti di sinistra e di destra giocano sui sensi di colpa, ma non vede che proprio l'antisemitismo è un grandioso veicolo di unione politica intersectional. Tutti gli «oppressi» contro Israele. Galli parla di «simboli», ma l'ebraismo è uscito da tempo dalla valle dei simboli, e lo ha fatto dotandosi di una realtà che ha un reddito pro capite di 40mila dollari, conquiste tecnologiche e scientifiche senza pari, un' incredibile capacità di resistere. Questa è la faccia dell'antisemitismo nostrano, e onestamente la schiera dei politici e degli intellettuali che si sbracciano senza notare che esso è diventato israelofobia è poco interessante. Galli, che odia le chiacchiere, lo sa benissimo e sa che l'Europa ha con l'antisemitismo un conto non simbolico ma reale. C'è da bloccare l'Iran, abolire il labeling, accettare la definizione internazionale di antisemitismo, IHRA...

Avanti.

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