Coronavirus

"Inviare mezzi speciali". Ecco le mail riservate dell'accordo segreto tra Conte e Putin

Le mail riservate tra la Russia e l'Italia dell'allora premier Conte rivelano la pianificazione degli aiuti umanitari nel marzo 2020 in piena pandemia Covid: ecco, però, cos'è che non torna

"Inviare mezzi speciali". Ecco le mail riservate dell'accordo tra Conte e i russi

La scusa del Covid e degli aiuti umanitari per compiere, come ipotizzano in tanti, attività di spionaggio: potrebbe essere stato anche questo l'obiettivo della Russia di Putin quando due anni fa, nel marzo 2020 e in piena pandemia, furono inviati mezzi speciali oltre a 130 persone. La scoperta è avvenuta grazie ad alcune mail dove i russi scrissero al governo Conte che oltre alle attrezzature speciali per curare i malati, era previsto l'invio "di mezzi speciali per la disinfestazione di strutture e centri abitati nelle località infette". La missione da Mosca era pronta, era stata inoltrata alla Farnesina così com'era. Addirittura, i russi volevano venire da noi per "bonificare" le strutture pubbliche con numerosi malati e la presenza del Covid. Un gesto nobile se gli intenti fossero stati soltanti quelli.

Il contenuto delle mail

Insomma, più che aiuti anti-Covid, i russi avevano decisamente altre ambizioni. Come ci siamo occupati sul Giornale.it, malgrado le dichiarazioni dell'allora premier Giuseppe Conte, che ha ribadito la totale natura sanitaria dell'intervento russo, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) sta proseguendo con le indagini tant'é che è anche stato ascoltato Agostino Miozzo, al tempo coordinatore del Comitato tecnico scientifico. Mail e documenti inchiodano Giuseppe Conte e Vladimir Putin, i cui accordi erano ben diversi dalla verità raccontata. Come riporta il Corriere della Sera, tutto il materiale sanitario inviato da Mosca era assolutamente insufficiente al tipo di lavoro e situazione che c'era in Italia. E poi un ultimatum che suona sinistro: "Attendiamo risposte alle domande entro tre ore sui canali diplomatici a Roma o a Mosca".

L'intesa con l'Italia

Il nostro Paese ha ovviamente risposto di si, dal momento che poi sono arrivati i primi velivoli militari russi. E poi il programma, dettagliatissimmo, fornito agli uomini di Putin "per programmare il volo e svolgere i lavori umanitari servono le informazioni sugli aeroporti di arrivo e le località in cui saranno inviati gli specialisti russi". Che il contingente russo arrivò in Italia per questioni di intelligence piuttosto che sanitarie, lo si evince anche dalle intese di Conte con Putin per un'operazione considerata troppo veloce da pianificare in così poco tempo. La Federazione Russa avrebbe inviato, ininterrottamente dal 22 marzo al 15 aprile, ponti aerei tra Soci e Pratica di Mare specificando che "gli aerei trasportano il personale medico, i dispositivi di protezione, l’attrezzatura medica e i mezzi per la lotta contro il coronavirus".

A cosa serviva la missione russa

Quello che era stato raccontato è che i russi avrebbero fornito mascherine e ventilatori, impossibili da trovare in Italia. A tutti gli effetti, quindi, una missione umanitaria secondo la versione fornita dal governo italiano. In realtà, sull'accordo si legge che è stata l'Italia a pagare ogni spesa per un totale che supera tre milioni di euro. "L’ambasciata sarà grata a codesto ministero se vorrà provvedere ad ottenere dell’autorità competenti italiane l’autorizzazione per il sorvolo del territorio italiano e lo scalo sull’aeroporto di Pratica di Mare", scrisse Mosca, che pretese il rifornimento "gratuito degli aerei russi presso gli aeroporti italiani per il volo di ritorno e sull’esenzione dalle tasse di aeronavigazione, pagamento del parcheggio e altri servizi aeroportuali", oltre a vitto e alloggio gratis per i 130 del contingente russo. Insomma, appare chiaro che questi gesti umanitari, per la ricca Russia, hanno ben poco di disinteressato.

Il "giallo" dello Spallanzani

Come abbiamo trattato sul nostro Giornale, ricordiamo anche l'episodio dello Spallanzani, che diede libero accesso ai russi a numerosi database con dati sensibili provocando due "vittime" illustri all'interno del più importante Centro sulle Malattie Infettive che abbiamo in Italia: subito dopo l'avvio del protocollo, Maria Capobianchi e Nicola Petrosillo hanno accelerato i tempi per la pensione anticipata. Proprio loro due che, per primi, hanno isolato il Covid in Italia (Capobianchi) e curato la coppia di cinesi (Petrosillo). Come mai? Molto probabilmente per il dissenso sul'avvio delle sperimentazioni sul vaccino russo Sputnik mai preso in considerazione né dall'Ema (Agenzia europea per il Farmaco) e neanche dalla nostra Aifa. Dallo Spallanzani, "stranamente", invece sì.

"Da questa storia voglio assolutamente restare fuori", aveva dichiarato la dottoressa Capobianchi a Repubblica, non confermando ma neanche smentendo i perché dell'addio. Stessa sorte per il prof. Petrosillo, che lascia trapelare più informazioni che avvalorano la tesi del suo allontamento dallo Spallanzani non per motivi di anzianità. "Sulla collaborazione con i russi non sono mai stato consultato. Leggevo sui giornali, mi dicevano che c’erano russi in Istituto, ma nonostante fossi un capo dipartimento nessuno aveva ritenuto opportuno informarmi - aveva dichiarato a Repubblica - Né mi è stato chiesto di condividere dati sui pazienti. Tutto nella regola, sia chiaro". È andato via per questo? "Non ho altro da dire".

Insomma, suona come un sì. Come mai Vaia e altri dirigenti hanno ceduto così tanto alle lusinghe dei russi tanto da aprire una collaborazione così stretta e in maniera così repentina?

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