Il dubbio

Con gli islamisti non si può dialogare

Un cosa è combattere militarmente il terrorismo per ragioni di sicurezza; un'altra è venire politicamente a patti con una teocrazia

Con gli islamisti non si può dialogare

Rispetto al fondamentalismo islamico, e all'esigenza di conviverci senza danni per noi, alcuni studiosi americani suggeriscono che l'Occidente prenda ad esempio la propria storia degli ultimi cinquecento anni.

Gli Asburgo, la maggior dinastia europea, «erano dei principi – scrive John M. Owen in Confronting political Islam, Six lessons from the West's Past - non dei preti». E si comportarono di conseguenza. Di fronte al radicalismo genericamente anticattolico del protestantesimo, non fecero di ogni erba un fascio, confondendo eretici estremisti ed eretici moderati e trattandoli allo stesso modo, ma constatarono che il protestantesimo era diviso fin dalla nascita in varie fazioni - luterani, calvinisti, anabattisti – e si acconciarono a sfruttarne le divisioni. Fu un grosso rischio? L'approccio non era meno rischioso di quello di fare la faccia feroce ad entrambi, ma ha funzionato. Parimenti, nel XX secolo, gli Stati Uniti dovettero fronteggiare la moderna sinistra politica, ostile alla democrazia liberale, al capitalismo e al libero mercato.

Ma non la considerarono, e per lo più non la trattarono, come faceva la destra, come fosse un monolite, bensì utilizzarono ciò che divideva i socialisti dai comunisti. E hanno avuto la meglio sul comunismo.

L'islamismo moderato – a differenza di quello fondamentalista, che ricorre volentieri alla violenza - utilizza i mezzi pacifici e legali della democrazia liberale per diffondere la sharia, la morale islamica. Non è liberale, ma rimane una teocrazia che ha fatto una scelta strategica contro la violenza. Ciò non significa, ovviamente, che l'Occidente possa, e debba, instaurare con esso «un dialogo», come suggeriscono certe nostre anime belle. La stessa storia della cooperazione fra gli Asburgo, cattolici, e i protestanti contro i calvinisti insegna che distinguere fra fondamentalisti e moderati non è sempre facile e, se può rivelarsi positivo nel breve termine, minaccia di essere fallimentare nel lungo. La prudenza non è mai troppa. Un cosa è combattere militarmente il terrorismo per ragioni di sicurezza; un'altra è venire politicamente a patti con una teocrazia; che, rispetto alla democrazia liberale, rimane pur sempre una soluzione clericale.

Forse, c'è un altro esempio che l'Occidente dovrebbe seguire: quello di Edmund Burke, il liberal-conservatore che difese il diritto delle colonie americane di tassare i propri cittadini solo secondo i dettami delle proprie assemblee e non secondo quelli del Parlamento di Londra. «I vostri affari – aveva scritto Burke ai suoi amici francesi a proposito della Rivoluzione del 1789 – riguardano voi soli; noi ce ne siamo occupati come uomini, ma ce ne teniamo alla larga perché non siamo cittadini della Francia». È il linguaggio che, auspicabilmente, l'Occidente dovrebbe usare nei confronti dell'islamismo...

piero.

ostellino@ilgiornale.it

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