Un risarcimento alla vedova della vittima, ma comunque un «no» del giudice all'accesso all'istituto della giustizia riparativa. Ieri è entrato nel vivo, al Tribunale di Pavia, il processo a Massimo Adriatici (nel tondo). Il 49enne, avvocato ed ex assessore leghista alla Sicurezza di Voghera è accusato di eccesso colposo di legittima difesa per la morte di Youns El Bossettaoui, ucciso la sera del 20 luglio 2021 da un colpo sparato dalla pistola di Adriatici davanti a un bar di piazza Meardi.
Tra l'assessore e la vittima, 39enne di origini marocchine con problemi psicologici e che viveva in strada, scoppiò una lite. El Bossettaoui colpì con una manata Adriatici, che cadde a terra e dalla pistola che aveva con sé partì il colpo. Il 39enne morì per l'emorragia provocata dal proiettile. Ieri durante la seconda udienza, con anche l'imputato presente in aula, è stato annunciato l'accordo tra i difensori dell'ex politico, gli avvocati Gabriele Pipicelli e Luca Gastini, e gli avvocati Marina Manfredi e Stefania Giribaldi, legali della vedova che è madre di due figli minorenni. Le parti si sono accordate su un risarcimento di 250mila euro alla donna, che di conseguenza ha ritirato la costituzione di parte civile ed è uscita dal processo.
L'accordo era una delle premesse per la richiesta della difesa alla Corte di permettere a Adriatici di accedere alla giustizia riparativa, un istituto introdotto dalla riforma Cartabia che non prevede alcuno sconto di pena né benefici durante la detenzione, ma un percorso di «risoluzione del conflitto» tra il reo e la società che è stata danneggiata dal crimine commesso. Il parere dei parenti delle vittime non è vincolante, tuttavia è discrezione del giudice tenerne conto o meno. Il via libera della vedova era subordinato alle scuse pubbliche dell'imputato, che però non sono arrivate. Adriatici, in accordo con i legali, ha scelto di scrivere piuttosto una lettera in cui si dice dispiaciuto della morte di El Bossettaoui. Le scuse vere e proprie infatti avrebbero rappresentato, per la difesa, una ammissione di colpa da parte dell'imputato, che al contrario ha sempre respinto ogni responsabilità. I familiari del 39enne invece, cioè i genitori e i fratelli anche loro parte civile rappresentati dagli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli, si sono fin da subito dichiarati contrari sia a un accordo risarcitorio sia alla giustizia riparativa. I giudici si sono ritirati in camera di consiglio e hanno poi deciso di respingere l'istanza dell'imputato. L'ostacolo più grande è stato proprio il suo rifiuto di ammettere la propria colpevolezza.
Ieri in aula l'ex politico ha chiesto di non essere fotografato né filmato.
L'udienza è andata avanti con la testimonianza delle persone che si trovavano fuori dal bar Ligure la sera dei fatti e che hanno assistito alla colluttazione e al ferimento mortale. Poi sono state fatte ascoltare le telefonate di richiesta di soccorso e di intervento da parte del 118 e delle forze dell'ordine.
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