Sì ai due Stati ma senza fughe in avanti. E con giudizio, evitando strappi sgraditi a Washington. Si potrebbe motivare così la scelta, fatta ieri alle Nazioni Unite dal rappresentante italiano Maurizio Massari, di astenersi sulla mozione che chiedeva sostegno alla richiesta della Palestina di essere ammessa all'Onu come membro a pieno diritto. Mozione presentata dopo che il Consiglio di Sicurezza (l'unico che ha i poteri per dare effetti concreti a una risoluzione) aveva respinto la stessa richiesta.
Il voto dell'Assemblea, che ha il solo scopo di contarsi e raccomandare al Consiglio di ritornare sui propri passi, ha evidenziato una larghissima maggioranza pro Palestina: 143 sì (Russia, Cina, quasi tutta l'Asia, l'Africa e l'America Latina), 9 contrari (tra cui Israele, Stati Uniti, l'Argentina del nuovo presidente Javier Milei e due Paesi dell'Ue: Cechia e Ungheria) e 25 astenuti, tra cui l'Italia. L'Europa è andata in ordine sparso, con Francia e Spagna favorevoli, mentre tra gli astenuti si sono contati Germania, Olanda e Svezia, oltre al Regno Unito.
L'ambasciatore Massari ha spiegato che l'Italia ritiene che la crisi mediorientale debba essere sì risolta attraverso la soluzione «due popoli e due Stati», ma che siano necessari negoziati diretti tra Israele e Palestina. L'Italia dice no a fughe in avanti come quelle già annunciate in ambito Ue da Spagna e Irlanda che il prossimo 21 maggio riconosceranno lo Stato palestinese come «unico modo per raggiungere pace e sicurezza». Del resto, l'Unione nel suo insieme non appoggia lo Stato palestinese in sé, ma solo la soluzione dei due Stati.
A oggi sono in tutto 9 su 27 i Paesi membri che riconoscono la Palestina entro i confini del '67, che includono la Cisgiordania con Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza: tutti Paesi dell'ex blocco orientale tranne Svezia e Cipro.
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