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Londra, Jojo contro Bojo. Se la Brexit diventa anche faida familiare

Il fratello del premier lascia seggio e governo Un altro duro colpo per Johnson in difficoltà

Londra, Jojo contro Bojo. Se la Brexit diventa anche faida familiare

Jojo contro Bojo. Non è uno scioglilunga ma l'ultimo e più drammatico capitolo di una saga nazionale che è insieme anche una saga familiare. La Brexit frattura il Paese e pure la famiglia del primo ministro. Boris Johnson prima perde la maggioranza, poi perde 21 storici deputati, tra cui il nipote di Winston Churchill, e ora perde pure il fratello minore Jo, che rinuncia al suo seggio e a un posto nel governo, proprio mentre il fratello-premier vacilla a Downing Street. La terra trema sotto i piedi di Boris, da aspirante «re del mondo» - così sognava da bambino - a primo ministro-meteora, se davvero il suo mandato finirà a metà ottobre o prima, trasformandolo nel più fulmineo premier della storia, a causa del fuoco amico, nemico, e fraterno che lo colpisce.

L'ultimo schiaffo è firmato Jo Johnson, spiegato via Twitter: «È tempo per altri di prendere il mio posto di deputato e sottosegretario», scrive il fratello del primo ministro, che sedeva nel Gabinetto Johnson come viceministro allo Sviluppo economico. Jo non nasconde le ragioni della sua scelta: «In queste settimane sono stato lacerato tra la lealtà alla famiglia e l'interesse nazionale. È una tensione irrisolvibile». Che lui risolve con un hashtag #overandout: finito e fuori. Un doppio colpo politico e privato per il premier Boris, che lo definisce «un ragazzo fantastico» mentre lui è nel tritacarne per la linea imperativa sulla Brexit e la cavalcata verso il No Deal. Il Parlamento vuole fermare il premier, lo accusa di metodi dittatoriali e cinismo contro i deputati ribelli, espulsi dal Partito conservatore.

Con l'addio di Jo, la faccenda si fa ancora più seria, persino più emblematica della faida a cui la Gran Bretagna assistette con i fratelli-coltelli David e Ed Miliband per la leadership del Partito laburista (era il 2010). Perché Jojo, 47 anni (8 meno del premier, che ne ha 55) è un conservatore di ferro anche lui, seppur filoeuropeo. «Benedetto», come il fratello-premier, prima a Eton e poi a Oxford («l'educazione dei figli è troppo importante per lasciarla ai genitori», dice il padre Stanley), Jo era parte integrante del Gabinetto Johnson, come lo è della famiglia: tre fratelli e una sorella, ambiziosi e affiatati, ma ora sempre più dilaniati dal mostro Brexit. «Un'enorme catastro-fuck» l'ha definita, senza andare troppo per il sottile, la sorella Rachel a Le Monde. D'altra parte, anche lei, 54 anni, una carriera nei giornali e come scrittrice, sempre al top come il resto della famiglia (Financial Times, Daily e Sunday Telegraph, Sunday Times, sei romanzi pubblicati) ha lasciato i Tory nel 2017 in polemica sulla Brexit per candidarsi, senza successo, come deputata Ue per Change UK. Lo scontro sull'addio all'Europa aveva già visto protagonista anche Jo, che lo scorso novembre ha detto addio al posto di sottosegretario nel governo di Theresa May, chiesto un secondo referemdum e accusato la premier di costringere i suoi deputati a decidere fra il «vassallaggio» alla Ue oppure il caos della Brexit, che lui definisce «un fallimento britannico nell'arte di governare come non si era mai visto dai tempi della crisi di Suez». Ora l'ultimo atto. Con la politica che si insinua in una famiglia da tutti definita un esempio di unità e di successo.

«Siamo come i topi. A Londra, non siete mai a più di qualche metro da almeno due Johnson» scriveva in un suo articolo Rachel, riferendosi anche al fratello Leo, 51 anni, quadro di una società di consulenza fiscale, europeista anche lui, e ai familiari acquisiti, tutti in vista, come la moglie di Jo, Amelia Gentleman, giornalista del Guardian. Rachel stessa, insieme al fratello Jo e al padre Stanley, 79 anni, aveva celebrato in prima fila l'incoronazione di Boris a leader dei Tory. D'altra parte è lui, il «first father», alle spalle due matrimoni, ad avere insinuato in famiglia il seme di un'ambizione sfrenata ma anche di un sano europeismo. Ex deputato a Bruxelles, 1979-1984, papà Johnson ha un doppio passato di funzionario alla Banca mondiale e pure alla Commissione europea. Nel '73, quando il Regno Unito diventa membro Cee, c'è lui nella squadra dei burocratici britannici che aprono la strada all'Unione. «Un euro-entusiasta», si definisce. Proprio ora che «il lavoro di mio figlio è disfare i legami con l'Europa...».

Disfacendo, per inciampo, pure quelli con la famiglia Johnson.

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