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L'ossessione ugualitaria? Riscrive la storia di Francia

L'authority per la parità di genere di Parigi invita a sostituire la «Fraternité» nel motto. «È sessista»

L'ossessione ugualitaria? Riscrive la storia di Francia

di Andrea Cuomo

A delfità. Nome proprio dell'idiozia applicata. Sostantivo che - va detto - non troverete in nessun vocabolario. Nemmeno in quello francese nella dizione adelphité. La abbiamo cercata su Google, questa parola. Il signor motore di ricerca ci ha educatamente rimbrottato: forse cercavi altro?

No, non cercavamo altro. Cercavamo la parola che l'Hce, l'Alto consiglio francese per l'uguaglianza tra le donne e gli uomini, in vista della annunciata revisione della Costituzione ha proposto di sostituire alla parola fraternité nel motto nazionale della gloriosa Repubblica francese. Che così diventerebbe: liberté, égalité, adelphité. Pensa un po' te.

L'adelfità secondo i geni dell'ente, che è una cosa seria e a Parigi gode perfino di una certa autorevolezza, sarebbe come la fratellanza ma senza quella spiacevole puzza di ormone maschile che fa tanto spogliatoio di calcetto. La Marianna, con suo berretto frigio e la sua spocchia, dopo oltre due secoli si è decisa a fare capolino lì dentro e ha arricciato (parbleu!) il suo nasino all'insù.

L'adelfità sarebbe a metà tra fratellanza e sorellanza, un cameratismo asessuato, un'appartenenza alla comunità ma puramente oggettivo e senza spinosi problemi di genere, che poi c'è sempre qualcuno che se la prende a male. Racchiuderebbe in concordia e amore universale uomini, donne e tutti coloro che ondeggiano tra queste semplicistiche etichette biologiche. Già che c'era l'Hce ha anche suggerito il costituente di sostituire la definizione diritti dell'uomo con diritti umani, di prevedere l'utilizzo obbligatorio di espressioni femminili dei nomi per le cariche pubbliche, di «garantire» e non solo «favorire» pari accesso di donne e uomini ai mandati e alle funzioni elettive. E già che c'era l'alto consiglio ha suggerito anche di istituire tre diritti fondamentali nuovi di zecca per le Marianne del ventunesimo secolo: il diritto a beneficiare all'eguaglianza dei finanziamenti pubblici; il diritto a una vita senza violenze sessiste e sessuali; e il diritto alla contraccezione e all'aborto.

Qui trattasi di politicamente corretto di rito antisessista. Altri esempi: la recente Carmen di Georges Bizet messa in scena dal Maggio Musicale di Firenze: la tizia non muore uccisa da don José come prevede il libretto scritto da quei maschilisti di Henri Meilhac e Ludovic Halévy ma si ribella e spara lei, come monito ai femminicidi. Le polemiche seguite a una frase di Maurizio Sarri, tecnico del Napoli, che in conferenza stampa riceve una domanda sgradita rivolta da una giornalista donna e risponde: «Non ti mando affanc... solo perché sei femmina». Accortezza non gradita. La gazzarra sull'innocua pubblicità natalizia di un'azienda che fa gioielli che chiede retoricamente e stereotipicamente all'uomo: «Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un gioiello Pandora. Secondo te che cosa la farebbe felice?». Il sorteggio milanese di un torneo tennistico giovanile (le Next Gen Atp Finals) in cui i tennisti formano i gironi scegliendo tra alcune modelle pochissimo abbigliate e siascuna abbinata a un numero: seguono scuse. Il video postato dal pilota di Formula Uno Lewis Hamilton che sfotte il nipotino che «si veste da femminuccia». Oltre naturalmente alle periodiche battaglie delle nostre esponenti politiche per un uso di genere del linguaggio: ministra, presidentessa, deputata.

A proposito: avevamo pensato di iniziare questo articolo scherzando sul fatto che prima o poi qualcuno anche in Italia se ne uscirà proponendo di modificare il nostro inno, essendo «Fratelli d'Italia» un'invocazione chiaramente sessista.

Abbiamo lasciato perdere, caso mai a qualcuno dovesse venire l'idea.

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