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Lukashenko a sorpresa: "Pronto a lasciare presto". Ma c'è l'ombra di Mosca

Putin ritiene il dittatore un alleato scomodo. Ma l'opposizone non ci crede: "È una tattica"

Lukashenko a sorpresa: "Pronto a lasciare presto". Ma c'è l'ombra di Mosca

Nel giorno del primo anniversario della rielezione-farsa, Aleksander Lukashenko spiazza anche i suoi più fidati collaboratori annunciando di voler abbandonare molto presto la presidenza. L'ha spiegato nel corso di un'intervista rilasciata all'agenzia di stampa russa Interfax. Una scelta tutt'altro che casuale: il dittatore bielorusso, in carica ormai da 27 anni, avrebbe potuto rendere pubblica la sua decisione dal canale tv bielorusso DD, come quando mostrò i muscoli per il trionfo «dopato» sulla Tikhanovskaya. E invece, almeno secondo gli analisti, quella di Interfax sarebbe una scelta politica che sconfinerebbe in un diktat imposto da Mosca. Putin da qualche tempo considera Lukashenko un alleato scomodo. Un uomo difficile da controllare, artefice di alcuni atteggiamenti troppo plateali. Il Cremlino, che formalmente attraverso il ministro degli Esteri Lavrov ribadisce il successo legale di Lukashenko, vuole in realtà approfittare della situazione di incertezza per poter far valere gli accordi siglati nel 1997 secondo i quali tra i due Paesi vige un'unione fiscale, politica ed economica. Il prestito miliardario concesso a Minsk potrebbe far cambiare gli equilibri, e il peso di Mosca sul paese governato da Lukashenko diventerebbe insostenibile. Formalmente i due stati sarebbero separati, ma Minsk verrebbe controllata dal governo russo e Lukashenko rimpiazzato da un uomo di fiducia del Cremlino. Senza dimenticare che Putin non sembra affatto intenzionato ad alimentare uno scontro frontale politico con Bruxelles. Da parte sua Lukashenko non ha fornito date certe di dimissioni, spostando la conversazione sull'oppositore Roman Protasevich, letteralmente sequestrato a maggio dopo un clamoroso dirottamento aereo. «Non sono contento che sia in Bielorussia e detenuto a Minsk. Sarebbe più facile per me se fosse in Polonia o in Lituania». Dell'arresto di Protasevich ha parlato anche la Tikhanovskaya, twittando sui «metodi criminali adottati dal regime. Lukashenko non lo vuole in Bielorussia? Riesce ormai a negare anche l'evidenza. È trascorso un anno dall'elezione rubata. Milioni di voti per il cambiamento sono stati manipolati. Oggi ci troviamo a contare 365 giorni di proteste pacifiche, 610 prigionieri politici, migliaia arrestati per motivi politici, 36mila detenzioni. Continueremo a lottare fino a che questi numeri saranno storia». Sulle possibili dimissioni del dittatore appare scettica: «Forse è una tattica. Se fosse sincero dovrebbe andarsene domani stesso e consentire alle forze democratiche di stabilire una data per le elezioni, senza interferenze di Mosca».

Proteste di piazza non ce ne sono state nella giornata di ieri, anche se Radio Svaboda parla di una trentina di arresti tra Minsk, Babruisk e Brest. In manette sono finiti anche due musicisti che avevano provato a dar vita a un concerto-comizio, e una decina di tifosi della squadra di calcio del Krumkacy di Minsk, rei di aver contestato Lukashenko dagli spalti.

Nel frattempo gli Usa e la Gran Bretagna hanno annunciato che imporranno nuove sanzioni contro Minsk. Il presidente americano Biden firmerà un ordine esecutivo contro Lukashenko per il suo «attacco alle aspirazioni democratiche e ai diritti umani del popolo bielorusso, la repressione transnazionale e gli abusi».

Nel mirino delle nuove sanzioni angloamericane anche il Comitato olimpico accusato di non aver protetto i suoi atleti, a partire dalla sprinter Krystsina Tsimanouskaya (che ha messo all'asta la medaglia d'argento vinta agli Europei), dalla discriminazione politica.

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