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Da Madrid a Barcellona l'altra Spagna in piazza "I separatisti si fermino"

Corteo pacifico in Catalogna, più duri nella capitale: «Golpe». Soldati verso la Generalitat

Da Madrid a Barcellona l'altra Spagna in piazza "I separatisti si fermino"

Più bianchi di così. Sembravano tanti panettieri o infermieri che rivendicavano, molto pacificamente, un aumento salariale e, invece, erano los blancos neutrales, l'altra faccia della Catalogna e della Spagna, quei tanti che, senza volerlo, nello strappo tra separatisti e unionisti, sono finiti in uno stallo «alla messicana», con l'esercito alle porte. E i capitali in fuga.

Ieri, oltre diecimila sono scesi in piazza a Barcellona per invitare le due parti a riprendere il dialogo e a smetterla di portare vergogna sul suolo iberico. «Parlem/Hablamos», era l'invito a Puigdemont e Rajoy, scritto su un immenso lenzuolo srotolato nella piazza barcellonese di Jaume e riportato sulle magliette di chi fino a ieri non aveva alzato la voce. Zittiti e stravolti dalle immagini dei tafferugli del 1° ottobre, non hanno portato nessuna senyera, la bandiera catalana (più antica al mondo) col giallo aragonese segnato, secondo una leggenda smentita, da quattro linee rosse, rappresentanti le quattro strisce di sangue lasciate dalle dita di re Carlo il Calvo sullo scudo di Goffredo il Villoso per ringraziarlo di avere difeso Barcellona dall'assalto dei mori del IX secolo. «Siamo una democrazia, con i difetti, ma anche le capacità di risolvere», ha raccontato Alex, uno degli organizzatori di #hablamos. «Puigdemont e Rajoy ci hanno portato al limite di una guerra civile. Abbiamo la disoccupazione al 13,2 in Catalogna, (9 a Barcellona, ndr) e ogni giorno una multinazionale se ne va», ha precisato Montsé, consigliera distrettuale. Davanti ai bancomat di Banco Sabadell e Caixa Bank da giovedì le file, per lo più di anziani, che prelevano il massimo della disponibilità giornaliera. «Prendo un poco alla volta, così da non tornare a casa con troppi soldi», ha detto Pep, ex ferroviere. «Quei banditi (della Generalitat, ndr) ci stanno depredando». Dopo Gas Natural, il colosso dell'energia che trasloca a Madrid, anche Aguas de Barcelona, in affitto nel grattacielo-cetriolo di Norman Foster, andrà oltre le foci dell'Ebro.

Anche nella Capital erano in migliaia sabato pomeriggio. Qui non potevano mancare le bandiere rosse e gialle col vessillo borbonico. Da piazza de Colon e calle de Serrano, i dimostranti hanno inondato il centro, richiamati dalla Fondazione Denaes. Oltre ai «neutrali» del dialogo, in gran parte le dimostrazioni madrilene hanno avuto toni più duri e accusatori nei confronti dei fautori dell'indipendentismo catalano. Alle tre immagini del presidente e vice catalano, assieme al maggiore dei Mossos, Trapero, erano stati aggiunti gli appellativi di «golpisti», mentre in sottofondo, dagli altoparlanti suonava «Que viva España» di Manolo Escobar. «Coi golpisti si dialoga soltanto col fucile», ha urlato, ripreso dalla Tve spagnola, un anziano col berretto franchista, coperto da urla d'approvazione.

In questo clima di pace e guerra, Madrid ha già inviato i militari nei punti strategici della Catalogna che potrebbero essere occupati dai separatisti per controllare il territorio. Entro 24 ore, i blindati militari arriveranno davanti alla Generalitat, il Parlament catalano, le caserme di polizia e due centrali, una è nucleare, a nord della capitale catalana.

Almeno 150 agenti del Gruppo di azione rapida (Gar) della Guardia Civil sono in un hangar dell'aeroporto El Prat di Barcellona e hanno un presidio anche al porto commerciale della città per impedire l'accesso agli indipendentisti al traffico aereo e navale.

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