Vaticano

Malore, ambulanza e ricovero. Paura per il Papa in ospedale

Francesco al Gemelli: "Infezione respiratoria, non è covid". Stop alle udienze. E tornano le speculazioni sulla sua salute

Malore, ambulanza e ricovero. Paura per il Papa in ospedale

È arrivato a bordo dell'ambulanza vaticana, all'improvviso, nonostante avesse già previsto dei controlli medici per lo stesso problema: un affaticamento respiratorio continuo che da alcuni giorni non gli dava pace. Un'infezione non riconducibile al Covid-19, come riferito dalla Sala Stampa Vaticana. Papa Francesco ha trascorso la notte al Policlinico Gemelli di Roma, un ricovero necessario per monitorare le condizioni di salute del Pontefice che secondo i medici non sono gravi ma comunque serie per via dell'età dell'illustre degente, 86 anni e per via di quell'intervento al polmone destro subito a 21 anni a Buenos Aires e che comportò l'asportazione di parte dell'organo a causa di tre cisti.

Ieri mattina, all'udienza generale in Piazza San Pietro, Francesco non aveva manifestato particolari problemi nella respirazione, soltanto dopo l'incontro, quando aveva già fatto ritorno alla residenza Santa Marta, la situazione si era aggravata, tanto da annullare un'intervista televisiva pomeridiana concordata da tempo con la trasmissione Rai «A Sua Immagine». Quel malore aveva portato il Papa ad un breve confronto con Massimiliano Strappetti, il suo infermiere personale che lo segue passo passo dal ricovero al Gemelli del 2021, e quindi la decisione di raggiungere in fretta l'ospedale e sottoporre il Pontefice a tutti i controlli necessari tra cui una tac toracica che ha dato esito negativo. Impegni annullati, dunque, per i prossimi giorni, per permettere a Francesco di continuare le terapie in ospedale: il percorso di riabilitazione, quando rientrerà a Santa Marta, non sarà sicuramente breve perché si ipotizza che il Pontefice possa saltare anche alcune delle celebrazioni della settimana santa in modo da poter rimanere a riposo e sotto osservazione. Sia dall'ospedale sia della Santa Sede, comunque, in via ufficiosa continuano a rassicurare sul fatto che Francesco non sia assolutamente in pericolo (la tac toracica ha dato esito negativo) e che potrebbe tornare a casa «in un paio di giorni se non ci saranno complicazioni tali da dover prolungare la degenza». Il Papa non faceva ritorno al policlinico romano dall'estate del 2021, da quando era stato ricoverato per dieci giorni nella struttura ospedaliera a seguito di un intervento al colon dovuto a una stenosi diverticolare con segni di diverticolite. E poi, col tempo, sono sorti anche i problemi al ginocchio destro che lo hanno portato, in particolare dal gennaio del 2022, a cancellare viaggi (come quello nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, poi «recuperato» nel febbraio di quest'anno) e udienze, fino al ricorso alla sedia a rotelle per i lunghi percorsi e al bastone. «La Chiesa non si governa con le ginocchia ma con la testa», ha ripetuto in più occasioni a chi, dopo le continue notizie e gli allarmi sulla sua salute gli ha chiesto in privato o durante delle interviste se abbia pensato alle dimissioni. In effetti dopo il primo ricovero al Gemelli, lo stesso Francesco ha raccontato pubblicamente, incontrando i gesuiti slovacchi, che in Vaticano diversi alti prelati si erano riuniti per parlare del futuro della Chiesa e magari di una imminente elezione di un nuovo Papa. «Sono ancora vivo nonostante alcuni mi volessero morto», era stata allora la «denuncia» del Papa, «so che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Già preparavano il Conclave». A tal proposito, Bergoglio ha confermato in più occasioni di non aver alcuna intenzione di rinunciare al pontificato e che lo farà soltanto se le condizioni di salute non gli permetteranno più di poter guidare la barca di Pietro. «Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam», ha ribadito Francesco in un colloquio con i gesuiti africani, chiarendo che, all'inizio del pontificato aveva consegnato al cardinale Segretario di Stato, all'epoca era Tarcisio Bertone, una lettera di dimissioni già firmata, da utilizzare in caso d'emergenza.

Una modalità già utilizzata in passato anche da altri Pontefici.

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