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La Merkel minaccia Londra: "Attenti a quello che fate"

La Cancelliera: «Niente accesso al mercato Ue senza libera circolazione di persone in Gran Bretagna»

La Merkel minaccia Londra: "Attenti a quello che fate"

Berlino - Lo scorso luglio, quando si insediò a Downing street per sostituire il dimissionario David Cameron, in molti scommisero che Theresa May avrebbe trovato in Angela Merkel una solida alleata. Nonostante il disappunto dei tedeschi per la Brexit, la cancelliera non aveva allora né ha oggi alcun interesse a frapporre ostacoli al libero scambio fra la Germania e la Gran Bretagna. E così è stato: fra le due leader c'è stata una telefonata molto cordiale appena May è subentrata a Cameron e la stessa premier una settimana dopo ha scelto proprio Berlino per la sua prima visita ufficiale all'estero. Una simpatia ben sostanziata dagli scambi commerciali. L'Istat tedesco ricorda che nel 2015 la Repubblica federale ha esportato beni e servizi nel Regno Unito per 89 miliardi di euro, importando a sua volta da Albione per 38 miliardi, con un saldo commerciale positivo per i tedeschi per ben 50 miliardi, il secondo valore più alto in assoluto dopo i +54 miliardi della bilancia commerciale con gli Usa. Merkel avrebbe dunque fatto di tutto per concedere un buon accordo di libero scambio a May. Meglio ancora se l'intesa potesse apparire ammantata di condizioni capestro per gli inglesi, così da disincentivare le spinte centrifughe di altri paesi membri colti da crisi di euroscetticismo.

Quello che gli esperti non avevano però previsto è che i temuti ostacoli potessero arrivare non dall'Ue, che la cancelliera sa tenere a bada come nessun altro, ma dalla stessa Gran Bretagna. A mandare in frantumi la tacita intesa sono bastate le parole della ministra inglese degli Interni Amber Rudd che ha sollecitato le imprese britanniche a stilare una lista di dipendenti Ue; un chiaro invito a privilegiare la forza lavoro nazionale. Secondo Rudd i lavoratori e gli studenti stranieri sono troppi e obbligare le aziende a svelare quanti stranieri impiegano provocherebbe un salutare passo verso l'autarchia delle risorse umane. Uno schiaffo in faccia per Merkel, paladina della libera circolazione di merci e persone attraverso il Vecchio continente, e per i 300 mila lavoratori tedeschi ufficialmente registrati nel Regno Unito. «Se non chiariamo che il pieno accesso al mercato interno europeo è legato alla piena libertà di circolazione allora scateneremo un movimento in Europa per cui ogni Stato membro vorrà fare solo quello che gli pare», ha scandito giovedì Merkel rivolta alla platea della Bdi, la Confindustria tedesca. E sebbene i negoziati sulla Brexit saranno divisi settore per settore, i principi generali dell'Ue dovranno essere rispettati, ha ribadito la cancelliera. Merkel ha poi sollecitato le imprese tedesche a sostenere la linea dura del governo federale: la posta in gioco, ha fatto capire, è la tenuta della stessa Unione europea. Per una volta sia lei che il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel hanno dato prova di unità d'intenti: l'auspicato accesso degli inglesi al mercato unico anche dopo l'uscita di Londra dall'Ue è vincolato all'accettazione della libertà di movimento, ha ribadito Gabriel, «è questo non ci dovrà impedire di tentare di tenere i britannici il più vicino possibile all'Europa.

La cancelliera ha da parte sua concluso il proprio intervento con un monito valido per May, per Rudd e per il ministro degli Esteri inglese Boris Johnson secondo cui il mercato interno europeo e la libertà di circolazione non dovrebbero essere più considerati una cosa sola: «Il negoziato per la Brexit non sarà facile» ha garantito.

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