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#Metoo all'Onu, l'accusatrice licenziata per truffa sui fondi

La funzionaria svedese Martina Brostrom aveva sollevato il caso di molestie. Su di lei c'era un'inchiesta precedente

#Metoo all'Onu, l'accusatrice licenziata per truffa sui fondi

Licenziata in tronco. Finisce male per l'accusatrice il primo caso di #metoo all'interno delle Nazioni Unite, lo scandalo che aveva investito in pieno l'anno scorso Unaids, l'agenzia Onu per la lotta all'Aids. La funzionaria che aveva denunciato il clima di molestie sessuali che regnava all'interno dell'organizzazione, e di cui sosteneva di essere stata personalmente vittima per mano di uno dei suoi massimi dirigenti, viene cacciata ieri al termine di una lunga inchiesta interna. Se le molestie ci siano state o no, la versione ufficiale ancora non lo dice, perché è ancora in corso un'altra indagine. Ma quello che per ora appare ufficialmente assodato è che la funzionaria che aveva lanciato le accuse aveva messo in atto nello stesso periodo una serie di comportamenti - dall'abuso dei fondi spese alle violazioni del codice sui comportamenti sessuali - da rendere secondo i vertici incompatibile la sua presenza in Unaids con il buon nome dell'ente. E insieme a lei viene mandato via un mega dirigente, accusato di essere al suo fianco sia nelle scorrettezze contabili che nelle spregiudicatezze sessuali.

«Al nostro interno non ci può essere spazio per cattive condotte e non ci deve essere impunità»: così il licenziamento della coppia viene spiegato a tutti i dipendenti di Unaids da Winnie Byanyima, l'ugandese che ha preso il posto di direttore generale lasciato libero dal maliano Michel Sidibè, costretto anzitempo all'addio dallo scandalo #metoo. Sidibè non era personalmente accusato di molestie ma secondo la sua accusatrice, e secondo le associazioni e i media che l'avevano sostenuta, era corresponsabile del clima di tolleranza che regnava all'interno dell'organizzazione.

A lanciare il caso era stata la svedese Martina Brostrom, advisor delle relazioni esterne di Unaids, che aveva raccontato di essere stata aggredita nell'ascensore di un hotel di lusso di Bangkok l'8 maggio 2015 da Luiz Loures, brasiliano, vicedirettore dell'agenzia. L'accusa aveva terremotato Unaids e di rimbalzo Onu, la casa madre, che aveva varato una inchiesta interna senza trovare riscontro alle accuse della donna. Ma un'altra indagine indipendente ordinata da Sidibè aveva raccolto testimonianze che parlavano di Unaids come «terreno di caccia da predatori».

Nel frattempo, però, era già in corso un'altra inchiesta interna proprio contro la Brostrom, la grande accusatrice, e contro il suo amico in Unaids, il gigantesco e fascinoso medico senegalese Badara Samb, capo delle iniziative speciali: nel luglio 2018 i due vengono accusati in un rapporto di frodi, viaggi a spese dei fornitori, incontri per fare sesso in alberghi pagati dall'ente, di scambiarsi sulla mail interna le foto dei genitali. Nella sua lettera di ieri, il nuovo direttore Byanyima sottolinea che questa inchiesta era partita otto mesi prima delle denunce della Brostrom: «Non c'è alcun fondamento per affermare che si tratti di una rappresaglia».

A essere provati «aldilà di ogni ragionevole dubbio», scrive Byanyima, è che la coppia Brostrom-Samb «ha abusato dei fondi di Unaids ed è coinvolta in altri comportamenti scorretti, incluse scorrettezze sessuali».

Da ieri, i due sono fuori: ma per due anni, dopo l'esplodere dello scandalo, si erano messi in malattia, continuando a percepire gli astronomici stipendi di Unaids (14mila franchi al mese lui, 12mila lei) e viaggiando per il mondo.

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