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Minsk, la retata di giornalisti e attivisti. E Biden non riceve la Tikhanovskaya

Nuova stretta del regime di Lukashenko: arresti e perquisizioni. La leader dell'opposizione negli Usa: tanto sostegno, pochi fatti

Minsk, la retata di giornalisti e attivisti. E Biden non riceve la Tikhanovskaya

La Bielorussia continua a essere un Paese privo di bussola, con la classe media insofferente verso il lungo regno di Lukashenko (in carica dal 1994) e alla ricerca di un'alternativa affidabile al suo sistema di potere. Persino Svetlana Tikhanovskaya, che aveva attratto lo scorso anno folle immense a sostegno dell'opposizione, sembra aver perso smalto dopo la fuga in Lituania. Se le elezioni dello scorso agosto hanno rivelato il logoramento dell'immagine pubblica del Presidente e la perdita di popolarità in diverse fasce della società, Lukashenko fa leva sulla fedeltà degli apparati di sicurezza statali, ampiamente usati anche nelle repressioni di questi giorni. Il quotidiano britannico Guardian ha parlato di «black week» per descrivere le ultime misure estreme adottate dal regime di Minsk. Da lunedì a ieri le autorità hanno compiuto perquisizioni e arresti sommari contro membri di Ong, attivisti per i diritti umani e contro gli ultimi giornalisti indipendenti ancora in libertà o non scappati dal Paese. Secondo i dati forniti dall'Onu, nell'ultimo anno in Bielorussia sono state arrestate circa 36mila persone. L'ondata di detenzioni cominciata nei giorni è particolarmente grave perché sta riguardando diverse Ong conosciute e apprezzate per il loro lavoro in Europa e negli Usa. Ha destato scalpore ad esempio vedere le manette ai polsi di Ales Bialiatski, presidente di Viasna, associazione che, guarda caso, tiene una lista aggiornata di tutti i prigionieri politici bielorussi. Lukashenko ha spazzato via in un sol colpo 14 organizzazioni umanitarie, firmando ieri il decreto per il loro scioglimento. Come se non bastasse sono anche stati bloccati i conti correnti della Pen Center, una famosa organizzazione internazionale per la letteratura e i diritti umani, presieduta da Svetlana Alexievich, premio Nobel per la Letteratura nel 2015, fuggita un anno fa in Germania per evitare la galera. Da mesi purtroppo va avanti la repressione contro la libertà di stampa. In particolar modo gli uomini di Lukashenko stanno tentando di mettere un bavaglio a Radio Svaboda, una delle ultime voci libere rimaste in Bielorussia. Il dittatore ha fatto arrestare una settimana fa tre giornalisti dell'emittente radiofonica, che in un audio fatto pervenire in redazione si sono dichiarati «prigionieri politici».

Mai come in questo momento servirebbe la presenza della Tikhanovskaya o di un altro leader forte d'opposizione. La donna è reduce da un viaggio negli Usa, dove mercoledì ha incontrato il segretario di Stato Antony Blinken e vari funzionari della Casa Bianca e ha ottenuto numerose dichiarazioni di sostegno e appoggio, ma nessuna misura concreta. Gli analisti sostengono che si sia trattato di un viaggio a vuoto che in qualche modo ha persino contribuito a rafforzare l'immagine di Lukashenko. I giornali di regime hanno sottolineato infatti come la Tikhanovskaya non sia stata ricevuta da Biden. L'inquilino della Casa Bianca avrebbe di proposito evitato l'incontro per una questione di equilibri con la Russia, unico alleato di Minsk. Nel corso di un'intervista al New York Times, Tikhanovskaya è comunque apparsa ottimista e ha parlato di «un regime destinato a morire. Non ha altri mezzi per mantenere il controllo oltre alla violenza, e non è possibile esercitarla in eterno». Tutto questo mentre mancano appena due settimane all'anniversario della farsa elettorale.

Il 9 agosto sono previste manifestazioni, potrebbe davvero accadere di tutto.

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