Guerra in Ucraina

Mosca ha già risolto il caso: Dugina uccisa da un'ucraina

I servizi russi: "Legata ad Azov e fuggita in Estonia". Il padre: "La vendetta non basta, adesso la vittoria"

Mosca ha già risolto il caso: Dugina uccisa da un'ucraina

Caso risolto. In fretta e furia. Senza dubbi. Ha già un nome e un volto l'attentatrice che ha ucciso Darya Dugina, la figlia del «Rasputin» di Vladimir Putin, Aleksandr Dugin, saltata in aria nel Suv del padre su una strada alla periferia di Mosca sabato sera. Si tratterebbe (il condizionale è nostro) di Natalia Vovk, cittadina ucraina nata nel 1979, «arrivata in Russia il 23 luglio insieme alla figlia Sofia Shaban e riuscita dal Paese dalla regione Pskov, da dove ha raggiunto l'Estonia», come si legge in un comunicato redatto a tempo di record dall'Fsb - la sigla dei i servizi russi di intelligence. Che taglia corto sul mandante: «Il crimine - si legge nella nota - è stato preparato e commesso dai servizi segreti ucraini». Mosca fa sapere di avere inserito il nome della Vovk nella lista dei ricercati e di aver giù chiesto al Paese baltico l'estradizione della donna. L'Estonia però nega di avere ricevuto una simile richiesta da Mosca.

Tutto troppo facile, tutto troppo veloce, tutto troppo «ucraino». Da Mosca il padre Aleksandr Dugin invoca accorato: «I nostri cuori bramano non solo la vendetta, a noi serve la Vittoria. E allora vincete, per favore!». E Vladimir Putin parla di «crimine vile e crudele». Le prove di accumulano rapide e circostanziate. Compare una foto di un documento che la qualifica come membro del battaglione Azov (cosa che la Guardia nazionale si affretta a smentire: «Natalya Vovk non ha mai servito nelle Forze speciali Azov» e quel documento «è un falso di bassa qualità, fatto in fretta»). Poi ecco un video diffuso dalla stessa Fsb che mostra la Vovk nelle ore che precedono e che seguono l'attentato. «Come si evince dal video - scrive la Tass - la donna, insieme alla figlia, è entrata in Russia il 23 luglio dopo un check doganale. Il video mostra anche filmati di lei che entra nel condominio di Dugina e mentre lascia la Russia per l'Estonia: con la figlia viene ripresa al confine alle 12.02 del 21 agosto. La loro auto, come mostrano le immagini riprese dalle telecamere a circuito chiuso, viene perquisita a fondo».

La 43enne ucraina sarebbe arrivata in Russia il 23 luglio scorso con la figlia dodicenne Sofia Shaban a bordo di una Toyota Land Cruiser con targa della Repubblica popolare di Donetsk. Targa che lei stessa avrebbe modificato più volte nel corso dei giorni successivi: quando seguiva la sua preda, la Vovk avrebbe usato una targa del Kazakistan mentre per lasciare la Russia aveva preferito una targa ucraina. La Vovk avrebbe preso in affitto per le sue settimane moscovite un appartamento nello stesso condominio in cui viveva la Dugina e aveva partecipato, sempre con la figlia, al festival «Tradizione» a cui erano presenti Aleksandr Dugin e la figlia. Non è chiaro però come e quando sarebbe stato installato l'ordigno sotto il Suv della giornalista. Ieri una fonte della polizia ha fatto sapere che l'ordigno esplosivo «è stato fatto esplodere a distanza». E fonti di sicurezza russe hanno dichiarato alla Tass che la Vovk potrebbe aver usato la figlia per piazzare la bomba nell'auto. L'Fsb ha fatto sapere che il caso è stato trasferito al Comitato investigativo.

In mattinata, prima che il caso venisse «risolto», l'attentato era stato rivendicato da un gruppo finora sconosciuto che si definisce Esercito nazionale repubblicano. E poche ore dopo è comparso anche un manifesto politico dell'organizzazione, in cui si legge che «mettiamo al bando guerrafondai, ladri e oppressori dei popoli della Russia».

Ma la fonte è a sua volta sospetta: si tratta di Ilja Ponomarev, ex deputato alla Duma di Stato russa, l'unico parlamentare che votò all'epoca contro l'annessione della Crimea.

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