Guerra in Ucraina

Da Muratov a Navalny: a Mosca c'è chi dice no

Anche in Russia manifestazioni contro la guerra. Più di 1.400 finiscono arrestati

Da Muratov a Navalny: a Mosca c'è chi dice no

C'è chi dice no. Anche nella Russia di Putin. Dove, ormai lo hanno capito anche le teste più dure, fare opposizione può costare molto caro. Figurarsi mentre il presidente a vita (anche quello ormai l'hanno capito quasi tutti) scatena una guerra contro un Paese nominalmente fratello ma da ricondurre sulla retta via, nella circostanza con le cattive. Il Cremlino non gradisce voci in dissonanza, ma un pugno di persone coraggiose evidentemente resiste ancora. E questo si è dimostrato vero, ieri, sia nel mondo ristretto degli intellettuali che tra la gente comune, nella capitale Mosca come nelle città della Russia profonda, perse a migliaia di chilometri. Servirà a poco, ma è una ventata d'aria pulita.

Cominciamo dai 170 tra giornalisti e commentatori di relazioni internazionali, in Russia, che hanno sottoscritto una dichiarazione contro la guerra in Ucraina. Il testo, promosso dalla corrispondente del quotidiano Kommersant Elena Cherenenko, afferma che «la guerra non è mai stata, e non sarà mai, un metodo per risolvere i conflitti: non c'è alcuna giustificazione per quanto sta accadendo». Tra i firmatari ci sono giornalisti di Novaya Gazeta, di Radio Echo Moskvy, di Kommersant e perfino due dell'agenzia ufficiale Tass e uno della televisione RT, la nota emittente di propaganda che trasmette anche in Occidente.

Il più illustre firmatario è Dmitry Muratov, direttore di Novaya Gazeta (il giornale per cui scriveva la celebre oppositrice di Putin Anna Politkovskaya, assassinata nel 2006) e premio Nobel per la Pace. Muratov ha preso ieri altre due coraggiose decisioni: ha fatto uscire il suo giornale in edizione bilingue russa e ucraina per solidarietà, e ha scritto un editoriale apertamente critico. «Siamo in lutto. vi si legge - Il nostro Paese per ordine del presidente Putin ha iniziato una guerra contro l'Ucraina. E non c'è nessuno che lo fermi. Insieme al dolore proviamo vergogna». L'articolo contiene anche considerazioni sulla pericolosità di Putin come leader: «Nelle mani del comandante in capo, come un portachiavi di un'auto costosa, rigira il pulsante nucleare. Il prossimo passo è un attacco nucleare? Non posso interpretare altrimenti le parole di Vladimir Putin sull'arma con cui avverrà la rappresaglia». Va ricordato che questo gesto è molto rischioso: quando Muratov ricevette il Nobel, Putin commentò minacciandolo con queste parole: «Nemmeno un Nobel può fare da scudo alle illegalità».

Proseguiamo con Aleksei Navalny. Il più celebre oppositore di Putin, in carcere da 13 mesi per la sola ragione di esserlo e già sopravvissuto a vari tentativi di avvelenamento, ha fatto una dichiarazione dall'aula all'interno del penitenziario di Pokrov dove sta subendo un nuovo processo, lontano dai suoi sostenitori. «Sono contro questa guerra dice Navalny in un video fatto circolare dal canale tv Dozhd e faccio un appello al mondo perché la fermi: servirà solo a impoverire ulteriormente i russi e causerà un gran numero di vittime». Navalny, che come sempre dimostra grande coraggio, aggiunge di credere «che questa guerra tra Russia e Ucraina sia stata scatenata per coprire la rapina commessa ai danni dei cittadini e per distogliere la loro attenzione dai problemi che esistono all'interno del Paese, dal degrado dell'economia».

Non da ultimo, la reazione della gente comune. A Mosca e in varie città, fino a Khabarovsk in Siberia, in tanti hanno sfidato le autorità esponendo in forma singola (l'unica ormai consentita dalla legge russa) cartelli contro la guerra. Si sono contati almeno 1400 arresti tra attivisti, giornalisti e semplici cittadini, solo a Mosca ne sono stati registrati 719.

Alcune popstar, personaggi televisivi e registi hanno protestato postando riquadri neri su Instagram.

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