Mondo

Nixon, Ford, Reagan, Bush: le altre prime volte

Ping pong con la Cina, stop al Vietnam, crollo del muro di Berlino, fine della guerra fredda

la celebre «diplomazia del ping pong», quando nel 1971 l`invito alla squadra Usa di tennistavolo precedette l`incontro tra Nixon e Mao
la celebre «diplomazia del ping pong», quando nel 1971 l`invito alla squadra Usa di tennistavolo precedette l`incontro tra Nixon e Mao

Il pianeta America comanda sul mondo antico di Europa e Asia dalla metà della seconda guerra mondiale e da allora alcuni presidenti si sono guadagnati il passaporto per passare alla Storia. Non per aver vinto guerre, ma per averne chiuse di vecchie ed evitate di nuove. È una specialità in cui primeggiano i repubblicani andando a far pace col nemico, chiudendo il tempo di Giano, dio della guerra, sempre agendo con audacia e facendo inciampare il conformismo di sinistra. L'hanno fatto inoltre a mano armata, sempre imbarazzando il Papa di Roma e seguendo con scrupolo la massima romana si vis pacem, para bellum (se vuoi la pace, mostrati pronto alla guerra). È quello che ha fatto Trump trasformando per tre mesi la frontiera fra le due Coree in una showroom per i suoi aerei Stealth invisibili, le sue bombe che frantumano la crosta terrestre, i suoi uragani di fuoco.

Le vecchie sinistre europee hanno sempre emesso squittii di livore contro i presidenti di destra repubblicani, tutti con l'impugnatura della Colt ben visibile. Oggi ci chiediamo se Trump si è già guadagnato il «passi» per entrare nella Storia. Lo vedremo presto. Ciò che però sfugge in questo caso è che Trump non ha fatto pace con «il tizio che tira i razzi» per un gioco di società, ma per contenere la Cina del suo «caro amico Xi» abituata a giocare la pedina coreana come sempre ha fatto, mentre non molla sul business miliardario dei copyright trafugati: ci sono più (false) fabbriche Apple intorno a Shanghai che vere a Cupertino. Trump chiude ora sei decenni di minacce di guerra che altri presidenti Bill Clinton e George Bush avevano tentato di cicatrizzare.

Il primo dei nostri tempi è stato Richard «Dick» Nixon, l'uomo incastrato dal gruppo di potere di «gola profonda» con lo scandalo del Watergate e condannato all'infamia: chiuse come poté la disastrosa guerra del Vietnam incautamente aperta dal democratico divo delle sinistre John Fitzgerald Kennedy e poi giocò la carta allora impensabile di aprire alla Cina di Mao. Erano tempi in cui cinesi e sovietici si fronteggiavano sulle due rive del fiume Ussuri e tutti al mondo erano sicuri che i due giganti del comunismo mondiale si sarebbero sbranati a colpi di armi atomiche. Nixon mandò una squadra di giocatori di ping pong a giocare a Pechino. Cadde la Grande Muraglia e la bandiera a stelle e strisce tornò a garrire sull'ambasciata Pechino, alla faccia dei sovietici che cominciarono a vacillare. La caduta di Nixon (che poi diventò il tutor segreto del giovane Clinton e scrisse di trovare abominevole e pericolosa quella moglie) ebbe come conseguenza l'arrivo alla Casa Bianca del moderato repubblicano Gerald Ford, presidente per caso, che aprì a Mosca costringendo il minaccioso ministro Gromiko agli accordi di Helsinki che furono la prima botta all'arsenale di guerra del Cremlino. Il caso di Ronald Reagan è ben noto: «Mister Gorbaciov, butti giù quel muro!». E Gorbaciov accettò il consiglio: si presentò a Bonn, capitale della Repubblica federale, e annunciò che sarebbe andato a Berlino per dare inizio alla demolizione, ma i giovani berlinesi lo precedettero usando il piccone e le nude mani. Reagan, come oggi Trump, era stato linciato dalle sinistre mondiali perché guerrafondaio, imperialista, cattivo amerikano. La guerra fredda finì quando l'America mostrò la sua showroom spaziale, le famose e mai realizzate attrezzature per le «guerre stellari», consigliando al comunismo sovietico di suicidarsi, sia pure in modo assistito. Provvide a questa incombenza il presidente russo Boris Eltsin che sciolse l'Unione Sovietica e prese a cannonate il Parlamento in cui i comunisti golpisti si erano asserragliati. Certo, fra i presidenti democratici che hanno fatto un passo storico verso un antico nemico va ricordato Barack Obama che sbarcò all'Avana dove promosse il castrismo riconoscendolo più o meno patrimonio dell'umanità, con manifesta soddisfazione di papa Francesco che era stato parte attiva nella nobile operazione grazie alla quale i poveri cubani restarono e restano prigionieri della stessa dittatura comunista di prima, ma con la gioia di veder prosperare le agenzie di viaggio Usa.

Il bel Clinton, il più facondo presidente Usa e il più remunerato come conferenziere, essendo democratico non portò la pace attraverso le armi, ma la guerra attraverso i bombardamenti su Belgrado dalle basi italiane, governo del pacifista Massino D'Alema. Quanto agli altri americani armati e pacifisti si possono ricordare sia George Bush padre sia George Bush figlio con cui Silvio Berlusconi in compagnia di Putin chiuse formalmente la guerra fredda a Pratica di Mare. La chiave per il paradiso dei protettori armati della pace attende adesso il cinquantesimo presidente dall'ardito riporto e come sempre si assiste a un linciaggio preventivo.

Ma va ricordato il contesto in cui si svolge la storica rappacificazione di Singapore che non è tutta Walt Disney come sembra: il convitato di pietra cinese è impegnato nella più pericolosa partita a scacchi di tutti i tempi e sul cui esito finale nessuno scommette.

Commenti