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Nuovi "respingimenti". E campi a Tripoli per i migranti africani

Per 800 milioni il governo libico s'impegna a riportare sulle coste africane i barconi

Nuovi "respingimenti". E campi a Tripoli per i migranti africani

Campi di accoglienza per i migranti in Libia anziché in Italia, sorveglianza in mare da parte della guardia costiera libica e rimpatrio dei non aventi diritto agli aiuti umanitari. Sono i punti principali dell'intesa che è scaturita ieri dal vertice del gruppo di contatto per la rotta del Mediterraneo centrale, riunitosi ieri a Roma, con i ministri dell'Interno di Italia, Austria, Francia, Germania, Malta, Libia, Slovenia, Svizzera, Tunisia, il premier libico Fayez Al-Serraj, quello italiano Paolo Gentiloni e il commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza Dimitris Avramopoulos.

Nell'arco del 2016, infatti, più di 4.500 migranti sono morti o sono risultati dispersi in mare, mentre si sono registrati oltre 181mila arrivi irregolari sulle coste europee. I dati 2017 indicano un forte aumento. Ecco perché l'imperativo è «trovare una soluzione».

Il padrone di casa, il ministro Marco Minniti, ha chiarito che quello che si è avviato «è un percorso. Non si potranno dare risposte da un giorno a un altro, ma questo primo step è stato particolarmente fruttuoso» per gettare le basi al fine di trovare una risposta alla crisi migratoria. L'idea è quella di mettere al lavoro entro la metà del prossimo maggio i 90 marinai libici formati su nave San Giorgio grazie all'Unione europea, affinché possano essere impiegati sulle motovedette che l'Italia aveva preso in custodia nel 2011, dopo la Primavera araba e la morte di Gheddafi e che ora saranno restituite».

La presenza di Al Serraj per il titolare del Viminale «ha un valore particolare, perché pur in una situazione impegnativa a Tripoli, è venuto per qualche ora a Roma per testimoniare l'impegno che nasce da un profondo convincimento e cioè che la lotta contro i trafficanti di uomini e la stabilità della Libia sono due facce della stessa medaglia». I libici considerano le acque territoriali una cosa molto importante, al punto che, quando si è discusso della possibilità che potesse intervenire in acque costiere la missione Sophia fu negata l'autorizzazione.

«Ci saranno dei campi di accoglienza - ha detto poi Minniti - realizzati insieme alle organizzazioni umanitarie, tra le quali Unchr e Oim e che collaboreranno per garantire il pieno rispetto delle condizioni della persona». Coloro che hanno diritto alla protezione europea saranno quindi assistiti in Tripolitania, gli altri verranno rimpatriati nei Paesi di provenienza. Ma si pensa anche di agevolare i rimpatri volontari assistiti attraverso l'operato delle autorità libiche. Resta centrale l'impegno per la lotta ai trafficanti. Per questo motivo si formeranno anche uomini della polizia di frontiera che possano presidiare i confini a sud della Libia.

«Dobbiamo intervenire nei punti di partenza - ha chiarito Minniti - e creare le condizioni economico sociali affinché queste persone non abbiano più motivi per partire». Un accordo che viaggia un po' sulla falsariga di quello che fu fatto con la Turchia ai tempi della rotta balcanica. Ma con la differenza che, oggi, esiste un gruppo di Paesi europei che intende rafforzare un impegno comune con l'altra sponda del Mediterraneo. Il gruppo si riunirà presto a Tunisi e si parlerà anche della possibilità di rilocation che va nella direzione dell'impegno solidale da parte anche degli altri Paesi europei.

«Non possiamo lasciare l'Italia e la Libia sole in questa situazione - ha detto Avramopoulos - per questo abbiamo portato a questo tavolo i più importanti stakeholders».

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