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Obama si gloria di un'intesa che premia le mire dell'Iran

La maratona negoziale di Losanna si conclude con un accordo. Casa Bianca e Bruxelles entusiasti: «Così si ferma la bomba atomica». Ma a Gerusalemme resta la preoccupazione

Obama si gloria di un'intesa che premia le mire dell'Iran

Un risultato storico, si è vantato ieri sera Obama del conseguito accordo con l'Iran che ieri sera è stato annunciato, e assicura che qui si è fermata la corsa iraniana verso il nucleare. È stato un discorso preparato con molta cura, molti particolari, già una risposta al Congresso che probabilmente impugnerà la decisione. Ha cercato di convincere della forza pratica e morale dell'accordo, ha garantito che l'Iran non sarà più in grado di usare un numero sufficiente di centrifughe, ha garantito che non si parlerà più di plutonio perchè ad Arak non sarà più possibile arricchirlo, ha difeso con entusiasmo la scelta diplomatica la cui alternativa, ha detto, è solo la guerra. Ha attaccato gli «uomini scettici» che non hanno creduto nel suo programma, ha lodato il conseguimento di «un buon accordo» in polemica con Netanyahu che ha sempre paventato «un cattivo accordo».

E di fatto non sembra a prima vista un buon accordo il risultato della grande fatica di cui Obama è tanto fiero, non appare che siano state stabilite regole che consentano un pieno controllo su un Paese molto abile nel nascondere i suoi segreti, o inventate norme che impediranno, una volta lasciate nella mani degli ayatollah 6000 centrifughe (un terzo di adesso), l'arricchimento che porti alla bomba atomica. Obama si è vantato in maniera autoreferenziale e vanitosa di un accordo problematico con un interlocutore inaffidabile e oltremodo pericoloso. La conferenza stampa di presentazione è stata modesta, soltanto con Federica Mogherini, ministro degli Esteri europeo, e Mohammad Jawad Zarif, il ministro iraniano, mentre Kerry ha preferito presentarsi da solo alla stampa. Lui ha ringraziato Obama, Obama lui. Dopo più di dieci anni di trattative con l'Iran perché cessi la sua corsa alla bomba atomica, di fatto l'Iran porta a casa molto di ciò che voleva, anche se saranno imposti limiti per un decennio all'arricchimento dell'uranio, che per almeno 15 anni non potrà superare la soglia del 3,67%.

L'incontro di Losanna appena conclusosi fra i P5+1 e la delegazione della Repubblica Islamica dopo 18 mesi di discussioni, non dà certo il risultato pacificante che Obama loda, il fallimento scansato in parte spingendo sul gas delle concessioni all'ultimo minuto per paura del disdoro che sarebbe derivato all'Amministrazione. Obama da quello che si capisce in queste ore ha rinunciato a molte delle sue decisioni iniziali. Si è lavorato negli ultimi giorni fino a orari proibitivi in colloqui densi di pressioni americane, di scetticismo europeo, di furbizie dei russi, amici dell'Iran nella difesa di Bashar Assad in Siria e in altre disinvolte scelte internazionali. L'accordo di ieri sembra soddisfare soprattutto le richieste iraniane, a partire dalla determinazione degli ayatollah a non firmare, come voleva Obama, un accordo cornice e alla promessa di sollevare l'Iran da tutte le sanzioni quando l'incontro entrerà in funzione. L'accordo dura solo dieci anni, un battito di ciglia rispetto alle ambizioni nucleari dell'Iran. E già sappiamo che se a giugno si conclude, l'Iran può proseguire l'arricchimento, che mantiene 6000 centrifughe, che le centrali di Fordo e di Arak restano in piedi e funzionanti. L'uranio già arricchito sarà mantenuto solo in parte in Iran. Netanyahu, voce che chiama nel deserto, ricorda al mondo che nelle stesse ore in cui si sigla l'accordo, l'Iran compie feroci azioni imperialiste in Siria, in Iraq, in Yemen, in Libano. È difficile se non in una logica di disperazione strategica capire perchè Obama, seguito con la consueta irresolutezza (solo per un attimo la Francia ha dissentito) dall'Europa abbia puntato il suo stesso retaggio su un Paese il cui record di diritti umani è fra i più disgustosi che si possano immaginare, e che ancora l'altro ieri per bocca del capo della sua prima milizia, i basiji, dichiarava che «la distruzione dello stato d'Israele non è negoziabile».

Il prezzo nella memoria futura può essere tragico quanto il panorama di una terra bruciata con i suoi abitanti in un secondo Olocausto; oppure nella nuclearizzazione di tutto il Medio Oriente, minacciata dai sauditi e dagli egiziani, stupefatti dalla scelta di alleanze che non punta sui musulmani sunniti moderati, ma sugli sciiti estremisti della Repubblica Islamica degli Ayatollah.

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