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Oman, gli Usa insistono: "Siete stati voi" E Teheran: "Stiamo perdendo la pazienza"

Nuove prove da Washington. L'Iran: "Allora riprendiamo il nucleare"

Oman, gli Usa insistono: "Siete stati voi" E Teheran: "Stiamo perdendo la pazienza"

Beirut Emergono nuovi particolari sull'attacco alle petroliere nel golfo dell'Oman, dopo il video che inchioderebbe l'Iran secondo l'Amministrazione americana. I Pasdaran, prima dell'assalto, hanno lanciato un missile su un drone americano, forse per evitare di essere osservati durante l'operazione. E giorni prima, hanno aggiunto funzionari Usa, un altro missile ha colpito un drone statunitense nel Mar Rosso. Le nuove rivelazioni sono destinate ad aumentare le tensioni tra le due potenze nell'area. Come hanno sottolineato ieri le parole del presidente iraniano Hassan Rohani: «La regione del Medio Oriente è una delle più instabili al mondo - ha avvertito - a causa delle interferenze di alcune potenze straniere negli affari interni dei Paesi mediorientali, con politiche unilaterali, terrorismo ed estremismo». Rohani si riferiva in modo chiaro agli Stati Uniti e ha puntualizzato che «la violazione dell'accordo del 2015 non fa altro che acuire l'instabilità».

Da Dushanbe in Tagikistan, dove si trovava per un summit della Conferenza sull'interazione e realizzazione di misure di reciproca fiducia in Asia, Rohani ha aggiunto come «soddisfare gli impegni richiesti da parte di tutte le parti in causa possa ancora giocare un importante ruolo nell'aumentare la stabilità regionale e globale». Poi il leader iraniano ha precisato che «Teheran sta continuando a restare fedele all'accordo sul nucleare iraniano, nonostante le sanzioni americane, ma non può, ovviamente, continuare a restarvi fedele unilateralmente». Altrimenti, ha fatto capire, potrebbe rilanciare il suo programma nucleare.

La risposta dell'Arabia Saudita è stata altrettanto dura. Il ministro saudita dell'energia Khalid al-Falih, durante una riunione in Giappone in vista del G20, ha ribadito che «deve esserci una risposta rapida e decisiva» agli attacchi alle petroliere. Sulla stessa linea il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Abdullah bin Zayed, che ha chiesto alle nazioni amiche aiuto contro i «regimi fascisti» dell'area. «Vogliamo che il flusso delle risorse petrolifere rimanga sicuro - ha continuato - per assicurare la stabilità dell'economia globale». Giovedì i prezzi del petrolio sono balzati del 4 per cento.

L'Iran può contare però sul sostegno incondizionato della Russia e sui dubbi dei Paesi europei. Anche la Germania non è convinta delle argomentazioni americane e che ci siano prove inconfutabili su quanto è accaduto. L'America però tira dritto. Da quando Trump ha annunciato l'uscita dall'accordo sul nucleare l'escalation è stata inarrestabile. Oltre a imporre sanzioni sempre più stringenti per portare l'export di greggio iraniano «a zero», Washington ha aumentato la sua presenza militare nella regione con il dislocamento di bombardieri, portaerei e 1500 soldati in più nelle sue basi nel Golfo. L'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno ben accolto l'aiuto Usa per contenere l'espansionismo iraniano.

Ma i recenti incidenti nel Golfo di Oman rendono insicure le rotte commerciali per il trasporto di greggio, di cui punto nevralgico è lo stretto di Hormuz, dove passa il 40 per cento del traffico mondiale di petrolio.

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