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Ora Lagarde si deve fermare

La Borsa di Milano ha chiuso ai livelli massimi da 15 anni. Era dal 2008, dal crac di Lehman Brothers, che l'indice di Piazza Affari non toccava i 28.230 punti.

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Ieri la Borsa di Milano ha chiuso ai livelli massimi da 15 anni. Era dal 2008, dal crac di Lehman Brothers, che l'indice di Piazza Affari non toccava i 28.230 punti. Nello stesso tempo sono stati diffusi i dati Istat sul lavoro, sempre più positivi, ormai da mesi. Mentre a livello dell'area euro, in giugno l'inflazione è scesa a quota 5,5%, dal 6,1 di maggio. La nostra inflazione (indice armonizzato) è del 6,7%, il 4% in meno di inizio anno, più alta della media solo per la componente energetica (in riassorbimento) e in parte per i danni dell'alluvione in Romagna sulla filiera alimentare. Sono dati molto buoni, che mostrano sia la forza della nostra economia - che sta evitando il rischio recessione (in Germania il Pil è negativo già da due trimestri) dopo due anni di crescita straordinaria e nonostante lo choc energetico - sia il buon lavoro del governo in carica: basti ricordare quante fossero le cupe certe previsioni economiche all'indomani della caduta del governo Draghi, ormai quasi un anno fa. Dello spread (in zona 166 punti), tra l'altro, non si parla quasi più. L'unica grande incognita viene dai tassi d'interesse, il cui aumento fortemente sostenuto dalla Bce rischia di contagiare questa congiuntura favorevole e di danneggiare proprio l'Italia. Voci di dissenso verso la politica monetaria di Christine Lagarde si alzano di continuo in tutto il governo, a partire dalla premier. Ma com'è possibile che a Francoforte non capiscano questo ragionamento? In fondo un'Italia in salute fa comodo a tutti i Paesi dell'euro zona, rassicurati sul percorso di sostenibilità del nostro debito pubblico che è potenzialmente il maggior problema per la moneta unica. Mentre il dato di ieri sull'«euro inflazione» dovrebbe rendere la Bce più serena: l'indice dei prezzi si sta avvicinando in fretta all'obiettivo, fissato al 2%. Allontanando lo spettro dell'inflazione che ossessiona da sempre i tedeschi. C'è allora un'unica spiegazione che ci diamo: quando il 28 giugno scorso Lagarde ha dichiarato che non fermerà l'aumento dei tassi, alzandoli ancora da 4 a 4,25% nella riunione del luglio prossimo, non conosceva i dati usciti ieri. E, allo stesso tempo, teneva la guardia alta per l'ancoraggio delle aspettative d'inflazione. Una strategia di politica monetaria che fino a oggi ha funzionato, va detto.

Ma che di fronte a dati e indici come questi ultimi, specie se confermati alla fine di luglio, dovranno portare la Banca centrale europea a fermare il rialzo dei tassi dopo l'estate. Sarebbe un segnale che la porrebbe al di sopra di ogni sospetto. Soprattutto di natura politica.

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