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Ora l'Irlanda vuole la svolta. L'aborto? Non fa più paura

Dal 1983 l'interruzione di gravidanza è illegale I «sì» sembrano in vantaggio. Vescovi sulle barricate

Ora l'Irlanda vuole la svolta. L'aborto? Non fa più paura

Londra Il Primo ministro ha invitato I datori di lavoro a dare ai dipendenti un permesso per andare a votare, gli espatriati nel resto del mondo sono già saliti su un aereo o un treno per riuscire a farlo. Domani l'Irlanda torna per la sesta volta alle urne per decidere se riformare la legge sull'aborto abolendo il famoso articolo 40.3.3, anche noto come ottavo emendamento che attualmente ancora impedisce di fatto ad una donna di interrompere la gravidanza. Nel Paese questa pratica è concessa se la vita della donna è a rischio, ma non in casi di stupro, incesto o se il feto soffre di anomalie anche gravissime. Nella pratica quindi è molto raro che si proceda.

Sarà un voto ancora molto divisivo quello di domani per I cittadini irlandesi anche se l'esito appare scontato. Per arrivare fino a questo punto sono stati necessari 35 anni, tre altri referendum, almeno cinque casi giudiziari eclatanti, una nuova legge e una decisione della Commissione per la Difesa dei diritti umani delle Nazioni Unite. Un percorso lunghissimo dunque, lastricato di dolore e sofferenza e di scontri feroci tra attivisti pro e contro che permangono tutt'ora. La legge che vieta ogni forma legale abortiva risale al 1861 ed è rimasta in vigore anche dopo l'indipendenza dell'Irlanda. Il voto che introduce l'Ottavo emendamento equiparando la vita del feto e della madre, arriva appena nel 1983, ma negli ospedali molti operatori sanitari la pensano diversamente e la realtà è ben diversa dalle prescrizioni del legislatore.

Siamo nel 2012 quando Savita Halappanavar, muore nell'ospedale di Galway dopo che i medici si rifiutano d'intervenire nel corso di un aborto spontaneo. Il marito racconterà che la moglie ha chiesto inutilmente che venga effettuato l'aborto, ma i dottori si opposero perchè persisteva il battito cardiaco fetale. In seguito alla morte di Saita, 2000 persone si riuniscono di fronte al Parlamento di Dublino chiedendo che la legge venga rivista e nel 2013 la legislazione viene nuovamente emendata, ma ancora non basta. Nel 2015, dopo che tre donne fanno causa allo Stato, la Corte Europea per i diritti umani decide che quest'ultimo ha fallito nel suo intento di fare chiarezza sulla materia offrendo reale supporto alle donne in difficoltà e si dice preoccupata per il clima di criminalizzazione dell'aborto.

Nel 2016 intervengono perfino le Nazioni Unite dopo che Amanda Meller, incinta di feto con anomalie gravi e incurabili, viene trattata come una criminale e costretta a recarsi all'estero per abortire. In seguito il governo, per la prima volta, sarà costretta a risarcirla, ma la sua vita resta segnata. Nel 2017 infine, l'Assemblea dei cittadini vota con una maggioranza del 64% perchè l'ottavo emendamente venga azzerato e quest'anno il ministro Eoghan Murphy ha deciso la data del voto. Il Primo ministro Varadkar anche ieri si è dichiarato a favore della riforma e ha invitato tutti gli aventi diritto al voto a recarsi in massa ai seggi. Fino all'ultimo momento tuttavia, la campagna referendaria si è mantenuta estremamente vivace con gli antiabortisti, con la Chiesa irlandese in prima linea, decisi a non recedere di un passo, nonostante i media diano da giorni in vantaggio i riformisti. Nei mesi e nelle settimane passate l'argomento è rimasto quello più combattuto nei dibattiti tv e sui giornali, per non parlare dei social, spesso accusati di aver tentato di influenzare la decisione finale.

In prima linea le donne: protagoniste loro malgrado, coraggiose testimoni di esperienze dolorose e terribili, lacerate, comunque la pensino.

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