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Pagano solo i soldati semplici ma la toga "grazia" i tre capi. "Il gesto non era aggressivo"

Salvati i tre leader Bonadonna, Raffaele e Mirandola. Per gli altri, nonostante calci, pugni, sputi e bastonate solo vincoli di firma e di non allontanarsi dal Comune

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Ordinanze cautelari contro i «soldati», salvi invece i comandanti. Nella operazione della Procura di Torino che ieri colpisce i militanti di Askatasuna - il centro sociale protagonista da decenni dell'antagonismo torinese e recentemente nobilitato dal sindaco dem Stefano Lo Russo - a colpire è la diversità di trattamento riservata dal giudice preliminare ai leader del gruppo. Mentre tredici militanti, identificati come partecipanti agli scontri del Primo Maggio 2022, vengono colpiti dai provvedimenti del giudice (assai più blandi, peraltro, di quelli chiesti dal pm) per tre degli indagati il giudice respinge del tutto la richiesta dei pm. Dei tre fa parte Andrea Bonadonna, l'esponente più noto di Askatasuna, che anche quel giorno guida lo «spezzone sociale» del corteo. È lui sul furgone che fa da apripista, è lui secondo la Digos a dare il via all'attacco, insieme ad un altro militante storico come Michele Raffaele e Nicolò Mirandola. Ma questo per il giudice non è reato.

Scrive il magistrato che per i tre «non si ravvisa la partecipazione materiale o morale». «Quel che emerge dai filmati è che gli indagati con un gesto della mano, peraltro eseguito nel corso di una manifestazione in mezzo a centinaia se non migliaia di partecipanti, invitano i manifestanti ad avvicinarsi al cordone di polizia; non vi sono viceversa elementi per sostenere che l'invito fosse diretto a sollecitare atti di violenza».

Con quale spirito Bonadonna e gli altri invitassero i compagni a «avvicinarsi al cordone di polizia» il giudice non lo spiega. Ma come i militanti di Askatasuna interpretarono l'ordine è ampiamente documentato nell'ordinanza: calci, sputi, bastonate, con agenti spediti in ospedale a forza di botte.

I ventuno indagati sono stati indagati uno per uno, riconosciuti in diretta dai veterani della Digos torinese e confermati poi dal confronto con i video. Sono quasi tutti militanti storici di Askatasuna o del movimento no Tav, qualcuno come Francesco Ferreri è già stato in carcere per l'assalto all'Unione Industriali del 2022. Il giudice ritiene il loro riconoscimento provato senza dubbio, «esistono gravi indizi di colpevolezza». Ma poi decide di non infierire: ai due che la Procura aveva chiesto di arrestare, Emiliano Coppola e Francesco Ferreri, il giudice ordina solo di non allontanarsi dal proprio Comune e di restare a casa di notte; stessa misura per una signora che i pm volevano mettere ai domiciliari, Maya Bosser Peverelli, che «ha colpito ripetutamente gli agenti con un'asta di legno»; altri due candidati ai domiciliari, Loris Collovati e Stefano Millesimo, non si capisce che fine facciano. Per tutti gli altri indagati, misure ancora più blande: obbligo di firma, divieto di tornare a Torino per i quattro «forestieri». Eppure per diversi degli indagati lo stesso giudice dà atto che hanno già un curriculum fatto di denunce e di arresti per episodi analoghi. «La limitazione della propria libertà di movimento, per gli indagati molto afflittiva in ragione del loro già descritto sentire, dovrebbe sortire un valido effetto deterrente», si augura il giudice.

Per quanto tenero sia il trattamento che viene loro riservato, i militanti di Askatasuna restano comunque indagati, e verosimilmente finiranno sotto processo.

Per i tre «colonnelli» il provvedimento del giudice suona come una assoluzione preventiva.

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