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Parigi vuole il palloncino per i marinai che bevono

La sicurezza impone comportamenti più sobri Il governo chiede alcol test e pene dure per chi sgarra

Parigi vuole il palloncino per i marinai che bevono

Durante una cerimonia su una nave militare in Hampshire, al principe William fu offerto un bicchierino di rum. Il liquore, 55 gradi, viene servito ai marinai per riscaldarli dal freddo. Senza pensarci due volte, il regale inglese lo mandò giù tutto d'un fiato mostrando sul volto la reazione del bruciore. D'altronde Winston Churchill era solito riassumere le tradizioni della gloriosa marina britannica in tre parole: «Sodomia, rum e frusta». Appena un anno fa a Londra scoppiò il caso di una recluta donna che accusava il cuoco di bordo della Hms Diamond di aver filmato un rapporto sessuale consumato nei bagni della nave da guerra inglese mentre lei era in stato di ebbrezza. La Marina militare degli Stati Uniti già due anni fa annunciava che avrebbe installato dispositivi per controllare il tasso alcolico dell'equipaggio su navi e sottomarini. Veri e propri etilometri. La Francia segue a ruota, perché il tema dei marinai che alzano il gomito a bordo pone una questione di sicurezza».

Seguendo una logica analoga al codice della strada, il sottosegretario con delega agli Affari marittimi Alain Vidalies ha proposto sanzioni penali e vuol vedere la nuova legge approvata in tempi rapidi. I tecnici studiano la sua non facile applicazione, con controlli in porto mediante etilometri e alcol test entro gli 11 milioni di km2 di mare francese. La norma prevede una soglia simile a quella degli automobilisti: se si superano gli 0,5 grammi per ogni litro di sangue, chi è su una nave pronta a partire o già in navigazione rischia anche la galera: da due a sette anni. La eventuale condanna sarà più o meno dura in base al posto che il diretto interessato occupa nella gerarchia dell'equipaggio.

Non è la nuova caccia alle streghe, ma un'idea condivisa da chi il mare lo conosce bene. Jean-Paul Hellequin, un bretone salpato a 17 anni come mozzo, oggi è il 65enne portavoce CGT dei marinai del grande ovest. Parla di svolta positiva. Una rupture che sta però facendo discutere. Il motivo? Hellequin ne ha viste tante, a partire da colleghi e amici morire. «Il mestiere di marinaio è già sufficientemente pericoloso, con uomini che bevono non è facile farli ragionare» spiega il sindacalista. «Non mi oppongo al consumo di alcool in mare, ma deve essere limitato sensibilizzando gli oltre 7 mila marinai francesi prima di giungere alle multe». Il dispositivo ha quantificato tra i 4.500 e 100 mila euro a seconda dei casi.

La vigilanza è aumentata a partire dai primi anni Duemila da parte degli armatori. Ma in un momento storico in cui i porti vengono considerati al pari di zone franche, spesso favorevoli al passaggio di terroristi ed estremisti, la misura è seria e non un divertissement.

C'è chi la prende male. «É stigmatizzare alcune professioni, e non tra le più facili», commenta Yves La Helgouac'h, ex marinaio del commercio oggi sindacalista. Nessun accanimento sulla categoria, assicura il governo. I casi di uomini al timone in stato di ebbrezza è crescente. La legge - approvata dal Cdm - è allo studio dal 2013, quando si registrò la tragica morte di due pescatori nel porto di Cherbourg (Mancia).

In Italia l'ultimo grave episodio risale allo stesso anno, quando il comandante e il mozzo dell'Alilaguna terrorizzarono Venezia: all'arrivo della polizia, chiamata da un passeggero, fu constatato che l'alito dei due sapeva di alcool, il comandante faticava a reggersi in piedi, parlava con difficoltà e non era neppure in grado di spegnere i motori.

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