Elezioni Comunali 2018

Il Pd si rifugia nella roccaforte Brescia, il centrodestra insegue

Dai primi dati l'uscente dem Del Bono vede la vittoria al primo turno, Vilardi seconda. E spariscono i grillini

Il Pd si rifugia nella roccaforte Brescia, il centrodestra insegue

Da Brescia arriva un segnale in controtendenza rispetto al vento nazionale: il Pd si rialza con il sindaco uscente che a scrutinio parziale sfiora il 54%, superando di oltre 15 punti la candidata unitaria del centrodestra, Paola Vilardi, avvocato, consigliera azzurra con un passato da assessore. Il dato è clamoroso se si guarda ai voti di lista, con il Pd che arriva al 35% (quasi 10 punti più rispetto ai voti presi alle Politiche), mentre la Lega che si conferma in grande spolvero, con un 24-25% che ne fa il secondo partito cittadino. Ma non abbastanza per far vincere il centrodestra, dove invece Forza Italia arretra fino al 7% e Fdi ancora più giù, sotto il 3%. Ha pesato anche l'astensione, il convitato di pietra temuto dal centrodestra, più penalizzato dalle gite al lago domenicali degli elettori. L'affluenza finale al 57,4% ha confermato i timori, contribuendo all'exploit del centrosinistra.

L'altro dato è il superflop del M5s, fermatosi ad un misero 5,8%. Il risultato premia il sindaco uscente Emilio Del Bono, che ha puntato tutto sul «rinascimento da non lasciare a metà» sganciandosi dal Pd nazionale, di questi tempi più un handicap che un aiuto. Modesto infatti è stato l'apporto dei vertici nazionali, il reggente Martina è passato quasi inosservato (come pure Bersani) mentre persino la «casoncellata» finale con Delrio è riuscita a scatenare polemiche per i 15 euro del costo di ingresso (i casoncelli però erano ottimi, assicurano). Di basso profilo invece la campagna dei grillini, che non hanno personalità trascinanti a Brescia (il più influente, per capirci, è Vito Crimi) e hanno scommesso su un artigiano, Guido Ghidini, presidente di un consiglio di quartiere, con un programma da grillino vecchio stile: ambiente, mezzi pubblici, più biciclette, meno inquinamento. A Brescia i grillini non hanno mai sfondato, anche alle politiche M5s non è andato oltre il 18%, alle regionali 14%. Ma scendere sotto il 10% sancisce le difficoltà del M5s nelle grandi città industriali del nord.

Il centrodestra ha puntato sulla partita bresciana per dimostrare la validità del suo schema classico, anche in una roccaforte di centrosinistra, con i grillini come avversari della Lega. Che quello di Brescia sia un test sentito dal centrodestra lo dimostra la sfilata di leader arrivati per sostenere la Vilardi: dalla Meloni a Salvini ai forzisti Toti e Gelmini mentre Berlusconi ha annunciato la sua visita in caso di ballottaggio. L'effetto trascinamento del governo a trazione leghista, con Salvini «sceriffo» al Viminale, non è però bastata per rovesciare la «Leonessa». L'obiettivo era il ballottaggio, per poi giocarsi l'elettorato M5s con cui ci sono punti di contatto, dalla chiusura della terza linea del termovalorizzatore alla questione ambientale. «Abbiamo lavorato molto bene con la consigliera Gamba (unica grillina in Comune, ndr), il nostro è un programma di buon senso, come dice Salvini, e credo che chi vuole il cambiamento in Italia lo voglia anche nella città dove vive». Con una sindaca forzista e un programma molto leghista: pugno duro con i clandestini, chiusura delle moschee abusive, reddito di maternità alle coppie bresciane, prima i bresciani nel welfare comunale, e chiusura della centrale a carbone. Quello degli stranieri in città è uno dei fianchi scoperti dell'amministrazione Pd. A Brescia c'è il 19% di stranieri contro una media nazionale dell'8,5%, e poi i clandestini che campeggiano davanti alla stazione ferroviaria. La convivenza non è priva di problemi, come dimostra la vicenda di Sana, la ragazza pachistana uccisa dal padre e dal fratello perché voleva sposare un italiano. Proprio sul nodo immigrazione il sindaco Pd ha registrato nei sondaggi il minor gradimento.

E proprio da lì doveva partire il ribaltone anche a Brescia.

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