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Pechino è vicina (anche) al porto di Amburgo. Scholz all'angolo, niente maggioranza ai cinesi

Fuoco incrociato sul Cancelliere: la quota del dragone sullo scalo scende al 24,9%

Pechino è vicina (anche) al porto di Amburgo. Scholz all'angolo, niente maggioranza ai cinesi

Sì, no, forse, avanti adagio. Come già fatto nel passato recente sul numero delle centrali nucleari da tenere aperte per fronteggiare la crisi energetica come anche sulla quantità e la qualità degli aiuti militare da inviare all'Ucraina, il governo tedesco si divide. A contrapporre questa volta Verdi e Liberali da un lato e socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz dall'altro, sono i rapporti con la Cina.

Cosco, il gigante cinese del trasporto marittimo controllato del governo di Pechino, vorrebbe concludere un accordo preliminare siglato un anno fa con il Land di Amburgo per rilevare il 35% del terminal Tollerort del grande porto cittadino. Scholz, che della città anseatica è stato sindaco dal 2011 al 2018, è favorevole alla conclusione dell'intesa. Contrari sono invece i suoi partner di governo che ritengono troppo ingombrante la presenza cinese fra i container e le navi ad Amburgo. Per accontentare i soci di minoranza della coalizione semaforo, scrive la dpa, il cancelliere sarebbe disposto a un compromesso per cui Cosco entrerebbe in Tollerort: non più però con il 35% ma con il 24,9%, una percentuale importante ma non strategica per la gestione del terminal. Poco entusiasti i Verdi del vicecancelliere e ministro dell'Economia Robert Habeck secondo cui nel momento in cui la Germania cerca di liberarsi dal gas russo, diventare dipendente da un altro paese tanto più un colosso economico dalle pessime credenziali democratiche «non è saggio». Durissima la presidente della commissione Difesa al Bundestag, la liberale Marie-Agnes Strack-Zimmermann secondo cui «il compromesso con una minore partecipazione cinese è un altro errore epocale in un periodo di grande incertezza: viene da chiedersi chi stia effettivamente consigliando il cancelliere».

Pressioni su Scholz perché bocci l'accordo sono arrivate anche dall'estero con Kaja Kallas, la prima ministra della piccola Estonia, che all'ultimo vertice Ue ha messo in guardia dal siglare accordi individuali con Pechino, subito imitata dal premier lettone Krisjanis Karins: «È meglio andare a 27 con la Cina e non uno a uno». Anche a livello comunitario, nei documenti della Commissione la Cina è sempre più considerata non un partner ma un paese concorrente se non addirittura un rivale.

I tedeschi sembrano più in linea con l'Europa che con il governo. Un recente sondaggio della Körber Stiftung sulle relazioni internazionali della Germania ha svelato che 66 cittadini su 100 credono che sia necessario diminuire la dipendenza economica del proprio paese dalla Cina. Un timore confortato da numeri impressionanti: secondo dati diffusi a metà settembre dall'Ufficio federale di statistica (Destatis), con un interscambio pari a 246,1 miliardi di euro nel 2021, la Repubblica popolare cinese si è confermata primo partner commerciale della Repubblica federale tedesca per il sesto anno consecutivo davanti a Paesi Bassi e Stati Uniti.

Il 37% del campione intervistato dalla Körber Stiftung considera la Cina una minaccia per la sicurezza della Germania.

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