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Putin (in crisi) si scusa coi russi: "Il rilancio parte dall'economia"

Il presidente ammette: al Paese serve una modernizzazione La povertà minaccia il consenso del leader che si è fatto Zar

Putin (in crisi) si scusa coi russi: "Il rilancio parte dall'economia"

«It's the economy, stupid». Bill Clinton amava ripeterlo un buon quarto di secolo fa, quando vinse le presidenziali americane contro George Bush senior che sembrava imbattibile. E oggi, in Russia, il presidente quasi a vita Vladimir Putin ha un bel ripetere, come ha fatto ieri durante il suo annuale evento «domanda e risposta» con i cittadini del suo Paese, che non può esistere una politica basata unicamente sull'economia: il collaudato adagio clintoniano è sempre valido. Se l'economia gira, allora girano i soldi e la gente è contenta, in caso contrario prima o poi i nodi politici verranno al pettine anche per chi è abituato a non avere avversari. E questo è il caso della Russia di oggi, un Paese in cui il tema della povertà sta diventando serio e minaccia la stabilità dell'uomo al potere al Cremlino.

Di tutto ciò quest'anno, davanti a un gruppo selezionato di invitati che rappresentavano il milione e mezzo di persone che hanno provato a porre una domanda diretta al presidente-Zar, Putin ha dovuto tenere conto. Usando toni più cauti e talora quasi umili: un fatto insolito. Ma i sondaggi e quelli segreti probabilmente anche più di quelli resi pubblici parlano chiaro: la popolarità di Vladimir Putin rimane alta, ma è in calo inesorabile e la spiegazione principale sono le difficoltà economiche crescenti con cui il popolo russo deve confrontarsi. Il presidente lo ha capito, e ieri non si è sottratto a una certa dose di critiche. In diretta televisiva è stata data voce al vigile del fuoco che lamentava di guadagnare l'equivalente di 250 euro al mese, e di dover fare altri due lavori per mantenere la sua famiglia; all'insegnante che faceva presente di non riuscire a portare a casa il necessario per acquistare cibo e vestiario decenti; al medico che descriveva ospedali disorganizzati dove i cittadini sono costretti a code estenuanti per ricevere servizi non sempre all'altezza.

È vero, ha ammesso il presidente, la nostra economia ha bisogno di essere rilanciata se vogliamo assicurare ai russi standard di vita migliori e al tempo stesso ed ecco l'immancabile tasto della propaganda nazionalista cui Putin non rinuncia mai garantire la sicurezza nazionale nel lungo termine. La ricetta per la ripresa economica, ha detto il presidente, consiste nella modernizzazione e in un maggiore ricorso alla tecnologia. Ma anche in una maggiore produttività del lavoro. La Russia insomma, ammette Putin, è un Paese ancora arretrato, che in un mondo globalizzato ha bisogno di mettersi al passo dei suoi concorrenti occidentali ed asiatici, e deve anche imparare a lavorare di più. Musica poco gradita alle orecchie di un popolo abituato per tradizione sovietica a fare poco e a non considerare prioritaria la qualità. E come è noto, un anno fa era stata proprio la riforma delle pensioni, che pretendeva di far rimanere al lavoro i russi per cinque anni in più, ad assestare alla popolarità del presidente un primo duro colpo.

Non è però solo l'economia a erodere la popolarità di Putin. In un Paese che si scopre impoverito, la stessa disponibilità a tollerare la corruzione e l'autoritarismo si riduce. Lo ha dimostrato di recente il caso del giornalista Ivan Golunov, rozzamente incastrato da false accuse orchestrate da due generali di polizia moscoviti per impedirgli di svolgere inchieste su corrotti altolocati. Fatto senza precedenti, Putin ha dovuto far liberare Golunov sotto la pressione dei manifestanti e della stampa stanca della mordacchia di Stato. E ieri il presidente ha fatto ammenda: chi sbaglia paga, ha detto.

E forse pensava che prima o poi potrebbe toccare perfino a lui.

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