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"Putin è come l'Isis". Sull'Ucraina scontro tra Londra e Mosca

Dopo i jet russi intercettati sulla Manica inglesi durissimi: "La Nato vigili: vogliono destabilizzare anche i Paesi Baltici"

"Putin è come l'Isis". Sull'Ucraina scontro tra Londra e Mosca

Caduta miseramente Debaltsevo, la guerra nell'Est dell'Ucraina continua, sempre travestita da una finta tregua che tutti (tranne il sempre più angosciato presidente ucraino Petro Poroshenko) continuano a fingere che sia vera. Preso lo strategico nodo ferroviario tra Donetsk e Lugansk, per il quale hanno prontamente nominato un nuovo sindaco, i filorussi - sempre supportati dai russi veri, che però continuano a fingere di non partecipare al conflitto in territorio ucraino - proseguono nella loro offensiva a piccoli passi: ieri sono cadute bombe sullo strategico porto di Mariupol e su alcuni villaggi a ovest di Donetsk.

Il cessate il fuoco, che bene o male regge lungo il resto della linea del fronte, è insomma più che mai a rischio. Lo ha dimostrato la telefonata a quattro tra i leader di Russia, Ucraina, Germania e Francia, che si sono limitati a convenire che a Debaltsevo la tregua era stata infranta e a promettere di «applicare con rigore e senza eccezioni» il cessate il fuoco. Poroshenko ha chiesto «garanzie chiare» contro ulteriori tentativi di violazione degli accordi di Minsk da parte dei ribelli.

Chiacchiere per diplomatici. In realtà Mosca e Kiev si accusano reciprocamente di aggressione e della volontà di estendere il conflitto. Poroshenko ha chiesto ieri che siano i caschi blu dell'Onu a presidiare la linea di demarcazione, nell'evidente timore di non riuscir più a contenere con le sue sole forze i separatisti. Mosca ha subito reagito negativamente, definendo l'idea «allarmante» e sottolineando che in base agli accordi di Minsk solo gli osservatori dell'Osce sono ammessi a vigilare: ma Poroshenko enfatizza che in nessun caso militari russi dovrebbero far parte di queta forza, essendo la Russia «il Paese aggressore». Intanto il premier russo Dmitry Medvedev compie un altro passo verso la russificazione di fatto dei territori strappati all'Ucraina, e ordina al ministero dell'Energia e a Gazprom di «preparare forniture di gas perché lì la gente non deve congelare».

Il presidente ucraino, sempre più preoccupato, non si è limitato a giocare la carta delle Nazioni Unite. Ieri ha anche chiesto al Commissario Ue per l'allargamento e la politica di vicinato Johannes Hahn, in visita a Kiev, che l'Unione Europea offra all'Ucraina la prospettiva di una eventuale adesione. A giudizio di Poroshenko, il regime di visti attualmente in vigore per i cittadini ucraini che intendono recarsi nell'Ue dovrebbe essere abolito entro fine anno.

In parallelo al conflitto in corso nell'Est dell'Ucraina, si sta anche sviluppando un'accesa polemica tra Russia e Gran Bretagna. Londra, i cui rapporti con Mosca sono molto tesi fin dai tempi dell'assassinio con il polonio radioattivo dell'ex 007 russo diventato cittadino britannico Alexander Litvinenko nel 2006, è rimasta proprio per questa ragione fuori dal processo di pacificazione tentato a Minsk, ma continua a criticare duramente il Cremlino per il suo ruolo in Ucraina. Ieri il Times riportava in prima pagina le parole dure del ministro della Difesa, Michael Fallon, che ha messo in guardia l'opinione pubblica britannica dal rischio che Vladimir Putin, incoraggiato dai successi colti in Ucraina, decida di utilizzare le stesse tecniche di destabilizzazione anche nei Paesi baltici, dove pure vivono corpose minoranze russofone. Fallon, prendendo spunto anche dal recente sorvolo del Canale della Manica da parte di bombardieri strategici russi, ha detto che «Putin è per l'Europa una minaccia come l'Isis» e ha invitato la Nato «a essere pronta a qualunque forma di aggressione da parte della Russia».

Le parole dell'esponente del governo Cameron hanno provocato la risentita reazione del Cremlino, che lo accusa di «tentare di costruire il mito della minaccia russa».

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