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Combattenti e madri, le donne della guerra

Combattenti e madri, le donne della guerra

In una commedia di Aristofane, andata in scena nel 411 a.C., si narrava che le donne, stufe che quegli stupidi uomini continuassero a farsi la guerra, decisero di imporre ai soldati di concludere ogni battaglia ricorrendo a un efficace ricatto: uno sciopero sessuale generale a oltranza. Dopo giorni e giorni d'imposta astinenza le donne, guidate da Lisistrata, riuscirono a ottenere dai loro mariti una resa senza condizioni, e in barba alle teorizzazioni dell'amore platonico, vinsero la pace agognata.

Le donne nei secoli sono sempre state portatrici di mediazione e di pace, garanti degli aspetti più intimi dell'amore, della famiglia e delle tradizioni. Oggi la parità di genere e un antisessismo esasperato provano a cancellare un dato legato alla biologia. La gravidanza, il parto e l'accudimento di un neonato predispongono il corpo e la mente all'accoglienza più che al rifiuto dell'altro. Oppure le donne genitrici di civiltà, quelle che hanno creato la stanzialità trasformando un popolo di cacciatori in agricoltori, stanno diventando, contro la loro natura, protagoniste di guerre e rivoluzioni. È stato facile innamorarsi del coraggio delle combattenti curde e odiare la ferocia di quelle della brigata di Al-Khansa che uccidono le donne che contravvengono alla sharia.

Dalla parte della ragione c'è anche il plotone delle «Sun Girls», 123 yazide che hanno giurato vendetta agli uomini del califfato e da quella del torto c'è chi annette le leonesse siriane di Assad, nonostante difendano la loro nazione dalle aggressioni di Daesh e di Jabhat al-Nusra. Buone o cattive si vogliano giudicare raccontano entrambe che è possibile essere madri, mogli e imbracciare le armi, ottenendo per questo, in nome delle pari opportunità, lo stesso onore e lo stesso numero di stellette di un uomo sulla divisa.

«Ho imparato che una donna può essere una combattente e allo stesso tempo sposarsi, avere figli ed essere madre». Queste parole pronunciate da Leila Khaled sono diventate un manifesto per tutte quelle donne palestinesi che decidono di arruolarsi o essere fiere se il figlio si trasforma in un kamikaze che fa strage di civili israeliani. Cosa dirà al suo bambino Leila Khaled quando torna a casa dalla battaglia? Il legame affettivo che si crea tra un bambino e la madre, che lo custodisce e lo nutre per nove mesi dentro di sé, dà inizio a una relazione primaria e unica da cui nasce la capacità di accettare e amare l'altro.

Non di odiare.

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