Referendum Costituzionale

Referendum, la mossa di Renzi per il Sì: prendersi gli iscritti delle Acli

L'associazione cristiana, che conta su 980mila iscritti e 8mila strutture territoriali, riesce a trascinare anche altre organizzazioni del terzo settore

Referendum, la mossa di Renzi per il Sì: prendersi gli iscritti delle Acli

Mancano pochissimi giorni al referendum costituzionale e tra quelli che ancora non si erano scherati c'erano le Acli. Almeno fino a questo momento. Come riporta Italia Oggi, l'associazione cristiana lavoratori italiani ha deciso di invitare a votare Sì il prossimo 4 dicembre. Un Sì di un certo peso se si considera che gli iscritti sono 980mila e le strutture territoriali 8mila, tra cui 4mila circoli, 105 sedi provinciali e 21 regionali. Tutte mobilitate in quest'ultima settimana per cercare di fare passare la riforma costituzionale.

"La mobilitazione che non ha nulla a che fare con l'appoggio o meno a Matteo Renzi e al suo governo. Il Sì riguarda una riforma costituzionale perfettibile ma necessaria", puntualizza Lidia Borzì, presidente delle Acli di Roma. E aggiunge: "La scelta del Si non vuole esprimere una preferenza politica ma rimarcare il nostro Dna di associazione popolare riformista. La nostra idea è che, sebbene ci siano dei punti imperfetti, questa è una riforma nel complesso positiva, che può dare al nostro Paese la spinta per ripartire. Non vengono inoltre toccati i punti cardine della Costituzione, quelli inviolabili, ma altri aspetti che anche alcuni padri costituenti sapevano essere migliorabili. Il nostro sforzo è quello di informare le persone per fornire loro degli strumenti tali da non farli cadere nella trappola di esprimere un parere politico, ma invitandoli a votare nel merito della riforma".

Oltre a poter contare sui propri iscritti, l'associazione trascina anche altre organizzazioni del terzo settore, e quindi il numero dei votanti Si, raggruppate in Federsolidarietà. Dice Giuseppe Guerini, a capo di Federsolidarietà e portavoce dell'Alleanza delle cooperative sociali: "Aborriamo le posizioni manichee ma siamo favorevoli a un processo riformatore di ampio respiro che liberi il sistema legislativo da eccessive ampollosità e riordini i vari livelli di governo. La chiarezza che verrebbe introdotta sulle competenze tra Stato e Regioni sarebbe molto positiva, anche perché alcuni territori hanno fatto scempio dell'autonomia loro concessa. Quanto alla fine del bicameralismo perfetto, lo considero necessario per superare lungaggini determinate da motivi estranei al bene comune".

Anche Cittadinanzattiva (nata nel 1978 da una trentina di gruppi cattolici col nome Movimento federativo democratico) si è espressa per il Sì. Spiega il segretario generale, Antonio Gaudioso: "In taluni settori come il diritto alla salute cambiare è non solo necessario, ma urgente visto che in questi anni si è creato un fossato tra realtà diverse del Paese: l'accessibilità universale ai servizi essenziali è rimasta sulla carta, e chi vive in certe regioni è un cittadino di serie B".

Il riferimento è alla parte della riforma che riguarda la sanità. Aggiunge Fabrizio Pregliasco, presidente Anpas (associazione nazionale pubbliche assistenze): "La regionalizzazione in sanità ha determinato grosse differenziazioni ingiustificate che ledono il diritto alla salute dei cittadini. Basti pensare all'organizzazione dei servizi di emergenza e urgenza, che soffrono di profonde disomogeneità territoriali pagate dai malati. O anche alle campagne vaccinali: non è possibile che la prevenzione sia meno efficace da regione a regione". Ben venga quindi l'accentramento allo Stato di alcune funzioni.

Nel documento ufficiale dell'associazione che esplicita la scelta del Sì si legge: "Sappiamo che il mondo cambia e anche le istituzioni possono e devono cambiare. Senza un'adeguata manutenzione istituzionale la politica si trasforma in antipolitica. Per questo riteniamo opportuno che si riformi l'assetto istituzionale. Una eventuale vittoria del No metterebbe seriamente in crisi il lavoro dell'attuale esecutivo, che sta cercando con forza di intervenire sulla condizione di inerzia di questo nostro Paese".

E ancora: "Gli italiani forse sono anche un po' stanchi e delusi di chi ha ingaggiato una disputa tutta ideologica, di schieramento. È nostra ferma convinzione che la campagna referendaria non debba essere un terreno di scontro tra i sostenitori e i detrattori del governo perché in discussione non è la tenuta del governo, ma è qualcosa di più e, soprattutto, di diverso: le regole comuni, l'identità della democrazia che vuole darsi il popolo italiano".

Per quanto riguarda i giornali cattolici (e Radio Vaticana) sembrano parteggiare per le posizioni prese dalle Acli. Il presidente, Roberto Rossini, spiega così le ragioni della scelta: "Non vi sono dubbi sull'attualità della prima parte della Costituzione, che nei suoi principi fondamentali definirei la carta d'identità della nostra Repubblica, ma certamente la seconda ha bisogno di una robusta manutenzione. Un atteggiamento di ostinata opposizione a ogni forma di cambiamento, anche della sua parte organizzativa, non è solo anacronistico ma controproducente proprio per la salvaguardia dei principi e dei valori fondamentali della Costituzione".

Aggiunge Rossini: "La successione dei tentativi volti a superare il bicameralismo paritario denuncia tutta l'insoddisfazione, a iniziare dagli stessi padri costituenti, per il bicameralismo delineato dalla Costituzione: due Camere, entrambe elette direttamente, con le stesse funzioni e tutti gli appesantimenti in termini economici, politici e temporali che tale duplicato comporta. Faccio un esempio concreto: è attualmente in esame al Senato il provvedimento sul reddito d'inclusione, già approvato a luglio dalla Camera. Probabilmente, nel corso della discussione verranno apportate delle modifiche e il provvedimento dovrà tornare alla Camera, allungando i tempi e i costi dell'iter legislativo. Di fatto, il bicameralismo perfetto in questi anni ha impedito al parlamento di esercitare pienamente la funzione legislativa, consegnandola al governo con la decretazione d'urgenza".

Le sezioni Acli si stanno organizzando anche all'estero per promuovere il Sì. L'ultimo incontro a Parigi è stato col costituzionalista ed ex-senatore Pd, Stefano Ceccanti. Insieme alle Acli si sono schierate anche Civiltà cattolica (la rivista dei gesuiti) e il vicepresidente della Cei per il Nord Italia, mons. Franco Giulio Brambilla.

È invece un Nì, anche se pende verso il Sì, quello di Comunione e Liberazione: "Ancora prima dei giudizi di merito – si legge nel documento di Cl- nessuno può ignorare la vera urgenza del momento: la necessità, che si è fatta strada negli ultimi anni, di una maggiore stabilità ed efficienza del sistema politico a favore di migliori condizioni di vita per il cittadino e per il Paese".

Commenti