Terrorismo

Sbarco continuo di "fighter". Espulso gambiano dell'Isis

Nel 2016 una toga di Bologna sospese il fermo di Abdesalem. Adesso è bufera in Belgio: "Bisognava rispedirlo in Tunisia"

Sbarco continuo di "fighter". Espulso gambiano dell'Isis

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Un reietto in giro per l'Europa: "Perché il killer non fu espulso?"

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Dai campi di addestramento dell'Isis, allo sbarco in Italia, al permesso di soggiorno provvisorio: e da qui la missione finale, la strage da compiere in un altro paese europeo in nome della jihad. È la storia di Sillah Osman, 34 anni, il gambiano che ieri viene espulso dall'Italia per ragioni di «sicurezza nazionale» dopo avere scontato cinque anni di carcere per terrorismo. Ma è la storia quasi identica a quella di altri fanatici dell'Isis arrivati in Italia, mischiati ai disperati dei barconi, con il progetto non di trovare una vita migliore ma di seminare morte. Come Abdesalem Lassoued, il tunisino protagonista dell'attentato a Bruxelles di lunedì scorso.

Il gambiano Sillah diventa ieri il 712esimo immigrato espulso in base alla legge «per ragioni di sicurezza nazionale» a partire dal 2015, il cinquantaquattresimo solo nel 2023. La storia di Sillah è una storia in un certo senso a lieto fine: lo individuarono e lo arrestarono i carabinieri del Ros prima che entrasse in azione, grazie al «pentimento» del suo connazionale Alagie Touray, che lo aveva arruolato e indottrinato. Sillah venne pedinato e intercettato nel Cara di Lecce, dove aveva trovato alloggio. Quando i carabinieri capirono che era pronto a entrare in azione, intervennero e lo arrestarono.

Con Lassoued, l'assassino di lunedì a Bruxelles, non andò altrettanto bene. Dopo lo sbarco a Lampedusa era uscito dai radar, ha potuto muoversi indisturbato nel nostro paese, tessere relazioni con la galassia del radicalismo islamico, probabilmente venire indottrinato. E lo stesso era accaduto altre due, tragiche volte. Venne accolto nell'hotspot di Pozzallo, dopo lo sbarco a Lampedusa, Brahim Aoussaoui, 21 anni, tunisino: la mattina del 29 ottobre 2020, nella chiesa di Notre-Dame a Nizza, decapitò una anziana signora, sgozzò il sacrestano e ferì a morte un altra povera donna. Da Lampedusa prima di lui era passato anche Anis Amri, che dopo mesi a spasso per l'Italia riapparve a Berlino il 19 dicembre 2016 dove ai mercatini di Natale uccise falciandoli con un camion dodici persone. Che per Amri l'Italia non fosse stata solo terra di transito lo testimonia la fine delle sua storia: quattro giorni dopo la strage è di nuovo in Italia, a Sesto San Giovanni, dove viene intercettato dalla polizia, apre il fuoco, viene ucciso. Quali contatti, quali legami lo avessero spinto a cercare rifugio alle porte di Milano non si è mai saputo.

Sono quattro storie parallele, che testimoniano come - di fronte a numeri di sbarchi come quelli attuali - uno screening approfondito di tutti gli aspiranti profughi non sia materialmente possibile. Nella marea di disperati, si confondono e si mimetizzano i volontari del terrore come il tunisino Lassoued, come il gambiano Sillah. I 712 espulsi «per sicurezza nazionale» sono la conferma che le norme da applicare ci sarebbero, e che gli apparati di sicurezza fanno il possibile per dare la caccia a chi viene qui per fare la jihad o si radicalizza dopo lo sbarco. Ma la rete è troppo larga, intorno a Aoussaoui, lo stragista di Nizza, vennero identificati altri fanatici islamisti arrivati con lui, tra il 18 e il 19 settembre, sullo stesso barcone.

Ma vennero scoperti solo dopo che a Nizza Aoussaoui aveva compiuto la sua missione di sangue.

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