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Per Sánchez un altro no. E le urne si avvicinano

Trattative vane: Podemos si astiene ancora Il socialista non riesce a ritornare premier

Per Sánchez un altro no. E le urne si avvicinano

Madrid Nessuna fiducia. I 346 deputati della Camera bassa (Parlamento) hanno bocciato, per la seconda volta in due giorni, la candidatura a Presidente del Consiglio di Pedro Sánchez. Il leader dei socialisti di Spagna e della socialdemocrazia europea, che piace a quindici milioni di spagnoli - che l'hanno votato alle legislative di fine aprile non ha convinto l'emiciclo. Ed è più vicino il rischio di ritornare alle urne per ridisegnare il quadro politico del Paese.

Ieri pomeriggio, alla fine del secondo voto d'investitura, il premier uscente e facente funzione, ha raccolto di nuovo i 124 «sì» di martedì scorso, 155 «no» e 67 astensioni. Ad astenersi dal voto i deputati di Podemos, ex alleati con i quali s'è trattato febbrilmente fino a pochi attimi prima del voto, i nazionalisti baschi (Pnv e Bildu), gli indipendentisti catalani di Esquerra (Erc) e i valenciani di Compromis. Sánchez che fino all'ultimo ha sperato di trovare un accordo con Pablo Iglesias, il combattivo leader di Podemos, si è visto scaricare dagli ex Indignados e ha dichiarato «Una mancanza di rispetto nei suoi confronti». Sul tavolo della trattativa aveva offerto la vicepresidenza e tre ministeri, incassando il rifiuto del movimento. Le divergenze più insormontabili hanno interessato il dicastero del Lavoro, fortemente voluto da Podemos, cui Sánchez ha detto un secco «no»: in un tardivo e disperato tentativo, a pochi minuti dal voto, Iglesias direttamente dal suo scranno parlamentare ha comunicato di rinunciare al ministero del Lavoro, in cambio di un ruolo attivo nelle competenze sulle politiche del lavoro. Ma Pedro, el guapo, non ha ceduto e ha indirizzato a Iglesias le seguenti parole: «Speravo in un governo possibile, ma non ad ogni costo. Noi socialisti abbiamo vinto le elezioni, ma voi volevate comandarci, prendendovi il controllo di metà della spesa pubblica. Vi abbiamo offerto ruoli importanti e il vostro rifiuto ci ha umiliato. Voi volevate costruirvi un esecutivo alternativo all'interno del mio governo». Parole dure, di condanna alle quali il professore col codino da tanguero ha replicato così: «Vi abbiamo chiesto alcune competenze per cambiare il Paese, ma lei ci ha trattato senza rispetto».

Non tutto, però, è perduto. Rimangono ancora due mesi a Sánchez per trovare i numeri e governare, altrimenti Re Felipe VI il 23 settembre scioglierà la camera alta e bassa e stabilirà la data delle nuove elezioni, probabilmente il 10 novembre. Il re, ieri, alla fine delle votazioni, ha comunicato che riaprirà le consultazioni per individuare un nuovo candidato a premier, che potrebbe essere sempre Sanchez.

Andare alle urne in autunno (sarebbe la quarta volta dal 2016), significa votare con un carico di tensioni dopo la sentenza del Tribunale Supremo, attesa per ottobre, ai dodici politici catalani presunti colpevoli di atti di ribellione nel 2017.

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