Cultura e Spettacoli

Se un libro (pop) fa successo tradotto in latino

Oggi Francesco riceverà una copia speciale dei Commentarii de Inepto Puero, versione "antica" del bestseller per ragazzi di Kinney

Se un libro (pop) fa successo tradotto in latino

Giusto un paio di settimane fa, Papa Francesco ha consigliato ai giovani italiani di leggere I promessi sposi . Oggi, all'Udienza generale, riceverà un libro che non c'è bisogno di consigliare ai ragazzi, perché per loro è già un classico: il Diario di una schiappa ; o meglio, i Commentarii de Inepto Puero , cioè la versione latina del primo volume della serie di Jeff Kinney (Il Castoro, pagg. 220, euro 14). Un fenomeno: centocinquanta milioni di copie vendute nel mondo, due milioni in Italia (dove è pubblicato sempre da Il Castoro), traduzioni in quarantacinque lingue. Fra cui, appunto, il latino: e sarà proprio il traduttore dei Commentarii , Monsignor Daniel B. Gallagher, a consegnare la prima copia di una edizione speciale, a tiratura limitata, nelle mani di Francesco. «Perché è un po' il grande tutore della lingua latina» spiega Gallagher. Autore di una traduzione fedele e integrale del Diario , vignetta dopo vignetta, riga dopo riga, rispettando limiti grafici e rigore filologico, per riuscire a rendere in una lingua (considerata) morta il linguaggio vivissimo di Greg e dei suoi compagni delle scuole medie. Ma si capisce che per Monsignor Gallagher, latinista dell'Ufficio lettere latine della Segreteria di Stato Vaticana e curatore del profilo twitter in latino del Papa, @Pontifex_ln , il latino non sia una lingua morta. E il pubblico sembra dargli ragione, visto che i Commentarii de Inepto Puero , usciti all'inizio di maggio in Italia e in Europa, hanno venduto diecimila copie, un record, e dopo l'estate saranno pubblicati anche in America e nel resto del mondo (dall'editore Abrams). Insomma, la Schiappa - versione latina - finirà questa mattina fra le mani del Santo Padre e Gallagher ha già in mente che cosa dire: «Vorrei spiegare al Papa l'idea che ci ha mosso, di promuovere la lingua latina nel mondo: qualcosa che interessa anche la Chiesa, perché tutta la nostra cultura e la nostra storia occidentale sono scritte e passano attraverso il latino».

Non è la prima volta che dei classici, specialmente per ragazzi, vengono tradotti in latino: è successo con Harry Potter , per esempio, con il Piccolo principe , Alice nel paese delle meraviglie , Winnie the Pooh, i fumetti di Topolino e anche coi libri di Tolkien. Mai, però, le disavventure di un ragazzino delle medie come Greg, antieroe per definizione, che non riesce a eccellere né a scuola, né nello sport, né tantomeno con le ragazze, erano state «nobilitate» dalla lingua di Cicerone o dall'omaggio a un Pontefice in San Pietro. Del resto, dice Gallagher, «è un classico in una lingua classica», e le diecimila copie vendute gli danno soddisfazione, ma lo sorprendono fino a un certo punto: «Dal mio contatto quotidiano col mondo dei latinisti e degli appassionati so che c'è una parte di pubblico già pronto, che compra subito un libro del genere perché è qualcosa di unico; e poi c'è una parte di persone incuriosita dalla novità che, forse, farà qualche sforzo per imparare meglio la lingua».

I Commentarii , che nel titolo richiamano il De bello Gallico , non sono un libro didattico, però si rivolgono in qualche modo agli studenti come «sussidio»: l'idea è che, visto che molti ragazzi conoscono benissimo il Diario , si divertano a mettere a confronto le due versioni (e intanto si esercitino), magari per scoprire come Monsignor Gallagher abbia tradotto concetti molto lontani dall'epoca dei romani, dal gioco del «cheese touch» ( tactus casei ) all'heavy metal ( musica metallica gravius ) al rock ( musica nutando et volvendo ). «La difficoltà maggiore però non è stata tanto trovare i termini giusti - dice Gallagher - quanto tentare di esprimersi come avrebbe fatto Cicerone: costruire frasi e paragrafi eleganti, con lo stile fluido e il ritmo piacevole dei classici». Insomma, usare il latino come facevano i romani ogni giorno, come fosse «una lingua madre, naturale, secondo il metodo che mi ha insegnato il mio predecessore in Vaticano, Reginald Foster». È stato lui a fare appassionare Gallagher, americano del Midwest («sono cresciuto fra Michigan e Illinois») laureato in microbiologia, alla lingua dell'antica Roma, che il suo maestro «insegnava nei suoi elementi più semplici e poi ricostruiva piano piano, usando il latino parlato, per assimilare la lingua come propria, come si usava ai tempi dei romani».

È lo stesso metodo che oggi Gallagher usa alla St. John's University a Roma, dove tiene un corso intensivo di cinque settimane, per l'estate, «per studenti universitari da tutto il mondo, soprattutto da Harvard, Yale e Cornell, i grandi atenei americani, e poi da Brasile, Australia, Canada, due perfino da Cina e Taiwan»: alunni con due-tre anni di studi alle spalle, che non seguono solo corsi di laurea in studi classici o in teologia ma anche in legge, ingegneria, medicina e che «seguono la tradizione dell' Humanitas ». Del resto per il sacerdote-traduttore il latino è una lingua con cui «si può dire qualsiasi cosa» perché «è eterna» e, in effetti, continua a fare proseliti. Come su Twitter, dove il profilo del Pontefice ha superato i 350mila follower (356mila per la precisione): «Più di quello in tedesco, ci stiamo avvicinando al profilo francese: e pensare che, quando lo proposi a Benedetto XVI, già raggiungere diecimila follower ci sembrava un miracolo».

Quasi come se una Schiappa finisse nelle mani di un Papa.

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