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Se il potere è una droga

Se il potere è una droga

Drogati dal potere. Inchiavardati alla poltrona. Potere-dipendenti. Come l'imperatore cinese Xi Jinping, arrivato a manomettere la Costituzione per regalarsi una crociera di prima classe a vita al comando della immensa portaerei cinese. O come il turco Erdogan, che col referendum di un anno fa ha esautorato di fatto il primo ministro riassumendo tutto il potere nelle sue mani fino al 2029. Se non addirittura fino al 2034, in caso di scioglimento anticipato del Parlamento.

Dell'esclusivo club fa naturalmente parte, a pieno titolo, anche l'ex compagno Vladimir Vladimirovic Putin, anni 65, ex funzionario del Kgb che ieri, con la vittoria a mani basse contro avversari-macchiette, si è regalato il suo secondo mandato presidenziale consecutivo, che durerà sei anni. La chiamano «democrazia», ma è evidente che stiamo parlando di una cosa un filino diversa. Sembra una moda, un'epidemia, una vocazione dietro la quale, a guardar bene, si legge la voglia di certezze, di stabilità, di un uomo forte al comando nelle mani del quale consegnare il proprio destino. Di uno che detti la linea. E se occasionalmente indossa una gonna, come nel caso della signora Angela Merkel, rieletta cancelliera per il suo quarto mandato consecutivo, non importa. Ciascuno naturalmente ha il suo stile. E gli appellativi che si merita. Putin è «l'ultimo zar». Xi l'ultimo «imperatore» del Celeste Impero. Erdogan si muove, bombarda, mette in carcere i giornalisti e comanda come un «sultano». La Merkel, che non ha bisogno di una patente democratica, un soprannome non ce l'ha; ma verrà ricordata in eterno per la lapidaria definizione che ne diede Berlusconi. Ma lei tira dritto, insofferente alle critiche e ai dileggi, e pur di non mollare la poltrona ha messo insieme una coalizione bella «grossa», shakerando ingredienti che sembravano destinati a confliggere, come la panna nel martini dry. Che della partita non faccia parte anche «the Donald» è una disdetta di cui lui per primo non si dà pace. E invidia i suoi omologhi, che non devono chiedere permessi a Camere e Senati per fare come gli pare. E hanno tempo, davanti a loro.

Sicché, avendoci preso gusto, già comincia a dire che due mandati gli sembrano pochi, per fare all'America e a noi tutti quello che ha in mente.

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